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26/05/2014 06:40:00

Oro rosso. Numeri e dati della corsa ai furti di rame in Sicilia

L'ultimo blitz della polizia a Trapani è stato la scorsa settimana: sono stati  sequestrati 173 chili di “oro rosso”, ossia di rame di provenienza furtiva.
L’operazione, condotta dagli agenti della Squadra mobile della questura di Trapani, è culminata nella denuncia del proprietario del deposito passato al setaccio. L’uomo – di cui non sono state rese note le generalità – è chiamato a rispondere del reato di ricettazione. Secondo quanto riscontrato dagli investigatori, nel locale perquisito dai poliziotti veniva effettuata, abusivamente, un’attività di compravendita di metalli. Nel corso di un vertice, che si è tenuto a Palazzo del Governo, convocato dal Prefetto di Trapani  Leopoldo Falco sono stati pianificati “mirati servizi di controllo del territorio preso i siti particolarmente sensibili. L’attività di monitoraggio riguarda, in particolare, i pozzi di sollevamento dell’acqua, le cabine di distribuzione dell’energia elettrica, la zona del porto, le principale arterie stradali ed autostradali. Saranno, inoltre, controllati tutti i mezzi adibiti al trasporto di materiale ferroso.“Il fenomeno dei furti di rame – sottolinea il prefetto Falco – crea particolare disagio perché spesso provoca l’interruzione di pubblici servizi essenziali, con ripercussioni di natura economico-sociale di particolare rilievo e possibili implicazioni di ordine e di scurezza pubblica”.

Ormai non conviene più chiamarlo “oro rosso”. Anzi, conviene chiamare l’oro “rame giallo”. Perchè il rame aumenta le sue quotazioni di anno in anno e la corsa a rubarlo si fa sempre più dura. Ormai è certo che i ladri di rame, che rischiano la vita per rubarlo dai cavi elettrici, ad esempio, non agiscono da soli, ma dietro di loro si muovono vere e proprio organizzazioni criminali che poi vendono il rame alle multinazionali cinesi che lo utilizzano per le componenti di pc e smartphone. Prima, però, un salto d’obbligo nei centri di smistamento clandestini. Pare che il più grande sia in Sicilia Orientale.

La quotazione attuale clandestina del rame è di 4 euro al chilo. Viene poi venduto, sempre in nero, al consumatore finale, a 5 euro al chilo. Chi lo ruba spesso rischia la vita per pochi centesimi. La quotazione ufficiale è   3 dollari Usa all’oncia (e dunque ogni 31,1 grammi).

La Sicilia occidentale è la zona più colpita dai furti. Enel, Telecom e Ferrovie dello Stato le ditte che hanno subito più danni. Anche perché, ci vorrebbe un poliziotto di guardia ad ogni traliccio.  Nei primi cinque mesi del 2014 l’Enel ha denunciato 1.106 furti, con un incremento del 15 per cento rispetto ai primi cinque mesi del 2013 quando furono soltanto – si fa per dire – 963. A fine anno, nel 2013, il dato dei furti toccò quota 2.218. Significa che in tutta la Sicilia ci sono stati in media 6,3 furti ogni giorno.

Il quantitativo in chili di rame trafugato dagli impianti Enel in questi primi cinque mesi del 2014 è aumentato del 64% per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In Sicilia da gennaio a maggio sono stati infatti trafugati dalle reti Enel oltre 265 tonnellate di rame contro le 161 tonnellate dello stesso periodo del 2013.

L’anno scorso ci furono 420 furti denunciati e nei primi quattro mesi del 2014 siamo già a quota 143, due terzi dei quali avvenuti nella Sicilia Occidentale. Sono stati trafugati in quattro mesi oltre 52 tonnellate di rame (37,4 dei quali nella Sicilia Occidentale) per una lunghezza totale di quasi 40 chilometri di cavi (26 dei quali nella Sicilia Occidentale).Sia Enel che Telecom stanno cercando le contromisure sostituendo i cavi trafugati di rame con speciali cavi in alluminio, che garantiscono le medesime prestazioni in termini di conduzione dell’energia elettrica, ma che allo stesso tempo non vale la pena rubare  e vendere perché meno ricercati. Solo che i cavi in alluminio pesano di più e vanno riprogettate dunque anche le linee…

Le inchieste della magistratura hanno messo in luce delle vere e proprie organizzazioni composte da soggetti stranieri e da italiani in grado di dividersi i compiti e spartirsi poi il «bottino» che, in Sicilia, nel 2013 ammonta a quasi due milioni di euro.