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11/07/2014 08:24:00

Mafiosi alle processioni del nostro Sud una lunga tradizione poco religiosa

Noi italiani non facciamo che scandalizzarci per episodi che conosciamo già o che dovremmo conoscere. Poniamo l’«inchino» fatto fare davanti alla casa di un boss alla statua della Madonna durante una processione a Oppido Mamertina. Apriti cielo. Un’ondata di sdegno si è levata dall’intero Paese: come si può arrivare a tanto? Com’è possibile costringere la Madonna (pur se in effigie) a rendere omaggio a un malavitoso? Si dimentica o si finge di dimenticare che nel Sud le processioni religiose sono state sempre gestite dal popolo, quindi anche e inevitabilmente dalla mafia, dalla ‘ndrangheta e dalla camorra. In Calabria come in Sicilia, le feste religiose non hanno niente di religioso nel senso che intenderebbe papa Francesco o chiunque sia convinto che la Chiesa cattolica le gestisca e le controlli. Storicamente, antropologicamente, le feste religiose nel Sud d’Italia, come in tutti i Sud del mondo, sono momenti liberatori, manifestazioni pagane in cui è la superstizione a dettare legge e in certi casi — come in quello di Padre Pio — l’idolatria.
Come si fa a stupirsi di quanto è accaduto l’altro ieri in Calabria, se nei libri che parlano di mafia quasi sempre si può vedere pubblicata a mo’ di esempio una foto degli anni Cinquanta in cui Genco Russo, allora considerato un potente capo-mafia, è ritratto al centro di una processione in onore della Madonna dei Miracoli della «sua» Mussomeli? Come si fa a stupirsi se si viene a sapere che in una processione religiosa i preti non ci sono e al loro posto vi sono i capibastone di un quartiere, di un paese?
Ad Agrigento (e so di cosa parlo, perché vi sono nato) la festa di San Calogero, prima e seconda domenica di luglio, viene scissa in due: la mattina, la statua del venerabile (un eremita di pelle nera) viene portata selvaggiamente in giro da gruppi organizzati in proprio senza l’ombra di un prete. La sera, al contrario, tutto si ricompone e il simulacro del santo procede per le vie accompagnato da vescovo e preti. Non c’è la mafia in questo caso. Ma non c’è neanche la religione. Quella di cui parla papa Francesco.

di Matteo Collura in “Corriere della Sera” del 10 luglio 2014