Lo scorso 20 giugno, presso la sede di via del Nazareno a Roma, si è tenuto il primo Forum Nazionale del Partito Democratico su giustizia e legalità. All’incontro hanno preso parte, oltre ai Responsabili Provinciali Giustizia accorsi da tutto il territorio nazionale, anche Sandro Favi (Coordinatore Nazionale Giustizia), l’on. Alessia Morani (componente della Segreteria Nazionale con deleghe alla giustizia), il sen. Beppe Lumia, il Ministro della Giustizia Orlando e la Presidente della Commissione Nazionale Antimafia Rosy Bindi. Erano presenti, inoltre, molti Senatori e Deputati del Partito Democratico. Per la Provincia di Trapani era presente il sottoscritto.
L’incontro, svoltosi qualche giorno prima che venissero rese note dal Consiglio dei Ministri le linee guida della riforma della giustizia, si è rivelato molto interessante e proficuo. Alla presenza dei rappresentanti romani del PD, avvocati e magistrati hanno più volte messe in primo piano le sempre maggiori criticità dell’attuale sistema giudiziario, con cui gli odierni operatori del diritto devono relazionarsi ogni giorno. Allo stesso tempo sono state anche valutate attentamente tutte le proposte di modifica intervenute, alcune delle quali risultate ampiamente condivise dall’assemblea.
E’ certo che negli ultimi anni in Italia la giustizia civile ha subito frequenti cambiamenti senza che a ciò sia corrisposto uno snellimento delle stessa. La maggiore difficoltà riguarda la possibilità di addivenire ad un accordo sugli elementi deflattivi del processo. Certamente l’argomento è stato troppo a lungo derubricato, nonostante nel bel paese ci sia una domanda di giustizia che è pari a tre volte e mezzo quella della Germania. L’Europa ci ha spesso chiesto drastici interventi per far fronte all’irragionevole durata dei processi o all’enorme affollamento delle carceri. Basti pensare, per avere un’idea, che in Italia il numero dei carcerati, circa sessantamila, è pari solo a quello dei divorzi. Si comprende quindi facilmente che, aldilà di qualsiasi intervento sui costi dei procedimenti, sarebbe invece necessario elaborare un nuovo sistema che sia in grado di riconoscere e dare priorità a tutti quei procedimenti agevolmente sottraibili alla competenza del Tribunale, attribuendoli a sezioni specializzate (Tribunali della Famiglia) o agli avvocati mediante “negoziazione assistita”.
Sul fronte penale poi è certo che negli ultimi anni l’introduzione di nuove figure di reato non ha portato di fatto ad una riduzione dei crimini, né si è intervenuti in alcun modo sui tempi del processo. Sotto questo profilo la necessità di un aumento dei termini della prescrizione fino ad un massimo che consenta al processo penale di avere una conclusione certa e celere, risulta essere questione di primaria importanza.
In tema di legalità e, in particolare, di lotta alla mafia, la Presidente della Commissione Nazionale Antimafia Rosy Bindi, nel suo intervento si è soffermata sui lavori della commissione riguardanti la gestione dei numerosi beni confiscati. La Bindi ha poi posto l’attenzione sul pericolo attuale che le mafie oggi si espandano a livello europeo e sull’idea che non si dovrebbe più considerare la mafia quale fenomeno territoriale, stante che si registrano svariati casi di criminalità organizzata anche al nord.
Purtroppo, però, è proprio nel territorio Trapanese che, in base ai risultati delle importanti indagini degli inquirenti e delle ultime rivelazioni dei pentiti, la presenza delle cosche mafiose si avverte ancora in modo forte e temibile.
Eppure è indubbio che negli ultimi anni il territorio è stato protagonista di una straordinaria e vincente campagna antimafia condotta da parte delle autorità di polizia giudiziaria, che ha portato all’arresto dei maggiori boss di cosa nostra del trapanese.
Da non trascurare poi che, sul fronte politico, si è aggiunta l’eccezionale opera di rinnovamento condotta dal Presidente Crocetta, che ha urlato con voce grossa, per la prima volta nel gattopardesco sistema siciliano, un decisivo “no” alle infiltrazioni delle cosche. Peccato, però, che a questa trionfale svolta non sia ancora seguita nei fatti un’azione istituzionale e politica sul territorio, in grado di incidere definitivamente sul futuro dell’isola. Le recenti vicende del Megafono, ridotto quasi ad una cornetta, a causa delle continue tribolazioni a cui lo hanno sottoposto, dimostrano poi che, fino a quando l’entusiasmo e la bontà di intenti, non si concretizzeranno in una strategia mirata, condotta con caparbietà, professionalità e distacco politico, la rivoluzione non ci sarà, a meno che, prima di ogni vana ipotesi di rimpasto di governo, non si verifichi un’autentica “inondazione” di giovani capaci di rimettere in moto la politica siciliana.
Adesso tocca al Partito Democratico. Non basta più la diffusione della cultura della legalità, per quanto di primaria importanza. Infatti, una politica che miri a debellare definitivamente il fenomeno mafioso dovrebbe investire tutto il proprio potenziale nella lotta alla mafia, mettendo in prima linea le “punte di diamante dell’antimafia”. Eppure oggi realmente non è così. A Trapani, dietro una singolare calma apparente, si cela invece un quadro inquietante. Chi fino a poco tempo fà era braccato dalle autorità di pubblica sicurezza, che hanno realizzato sequestri di patrimoni mafiosi per miliardi di euro, oggi può quasi non preoccuparsi più della sua latitanza.
Ed è facile che, di conseguenza, alla fine prevalga il serio timore che si verifichi ciò che in Sicilia è già accaduto per molti anni: una certa politica sostenuta dai voti delle cosche mafiose. Non possiamo permetterlo. Occorre drasticamente far sentire la propria presenza sul territorio, affinchè la storia non si ripeta.
Politica del fare significa attuare strategie di controllo nei territori. Così gli appalti del Mose o di Expo, ad esempio, potrebbero essere controllati in svariati modi.
A titolo esemplificativo, in tema di controllo e di monitoraggio degli appalti esiste una Legge scritta con l’attuale Ministro Alfano. Si tratta precisamente del D.Lgs. n. 159/2011, oggi Legge dello Stato, meglio conosciuta come Testo Unico Antimafia.
L’articolo 91 della predetta norma prevedeva l’attuazione obbligatoria, già nel 2011, delle misure interdittive antimafia, in base alle quali, la Prefettura dovrebbe emettere un veto di partecipazione alle gare di appalti pubblici nei confronti di quelle società che non risultino in regola sulla base della propria documentazione, l’informativa antimafia.
Il problema è che tutt’oggi non è ancora stata creata una banca dati o altro sistema che a livello nazionale permetta di mettere allo scoperto tutte le aziende in affari con la mafia. E accade paradossalmente, che un’azienda che venga esclusa a Palermo per irregolarità, potrebbe tranquillamente partecipare ad una gara d’appalto altrove.
Occorre allora chiedersi se alla base di tale immobilità ci sia una distratta volontà politica o ancora una volta il problema sia quello di una burocrazia lenta e poco incisiva.
Per tale ragione, una domanda andrebbe quindi rivolta al Ministro Alfano, al quale il nostro Presidente del Consiglio Renzi ha demandato il potere di decidere circa la composizione di molti assetti dirigenziali e in particolare chi siano i Questori o chi siano i Prefetti del paese: in Sicilia, in questo momento, chi si sta occupando della cattura dei boss?
In conclusione, la percezione è quella di un PD che sul filone Renzi risulta oggi in buona parte rinnovato, ricco di idee e voglia di fare ed è auspicabile che anche in Sicilia e a Trapani, dove troppo a lungo la politica è stata avulsa dai cittadini, si intraprenda finalmente la giusta direzione.
Va sottolineato, infine, che l’on. Alessia Morani e Sandro Favi hanno manifestato da subito grande interesse per il nostro territorio, assicurando a breve tempo la loro presenza anche a Trapani.
Marcello Linares
(Partito Democratico)