Come altri tra i suoi predecessori – non tutti, però, secondo quello che mi raccontano alcuni moderatori che mi hanno preceduto – papa Francesco conosce e stima i valdesi e questo ci fa piacere ma non ci deve stupire. Se non altro per il nome che Bergoglio si è voluto dare da papa e per le frequentazioni che aveva in Argentina dove, come noto, esiste il ramo sudamericano della Chiesa valdese, ben radicata e attiva sul piano sociale ed ecumenico.
Quello che stupisce è che papa Bergoglio abbia voluto citare i valdesi insieme agli ortodossi, agli anglicani, ai pentecostali e agli ebrei, ovvero a comunità di fede infinitamente più grandi della nostra piccola chiesa. Non è una citazione di poco conto: negli equilibri globali delle relazioni vaticane contano le famiglie denominazionali e non le singole chiese, e quindi nella geografia ecumenica della Chiesa cattolica da sempre i valdesi sono un “puntino" eccentrico della galassia riformata.
Papa Bergoglio, invece, si ricorda di questo "puntino" e lo cita insieme alle grandi comunità di fede. Non è una rivoluzione ma un segnale di attenzione, di rispetto e di fraternità che non possiamo non raccogliere e per il quale ringraziamo. Ma forse, a partire da questa rapida menzione, possiamo spingerci anche più avanti. Con Francesco i tempi della Chiesa di Roma sembrano correre più rapidi e veloci. Le analisi invecchiano in fretta. Nuove domande arrivano sul tappeto. E ci interrogano non solo come cristiani appartenenti alla famiglia riformata ma anche come piccola chiesa che si fa interprete di una tradizione teologica e spirituale molto specifica. E’ un’opportunità nuova che ci affida grandi responsabilità ecumeniche.
Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola Valdese14 luglio 2014