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22/07/2014 06:15:00

Dalle denunce alla "palpatina". Risolto il caso dell'omicidio Di Giorgi a Salemi

Messo alle strette Pietro Franco, 22 anni di Salemi, ha confessato l’omicidio di Antonino Di Giorgi, il 74enne trovato morto il 29 giugno scorso. Le indagini dei carabinieri, guidati dal maggiore Antonio Merola, e coordinate dal procuratore di Marsala Alberto Di Pisa hanno consentito di risolvere in tempi brevissimi la vicenda. E ieri, nella conferenza stampa in Procura, sono stati snocciolati altri particolari del fatto di cronaca. Di Giorgi è stato trovato parzialmente carbonizzato nella sua casa di contrada Terraglia – San Miceli. La scorsa settimana i carabinieri hanno arrestato Pietro Franco. Il fermo è scattato dopo appostamenti, controlli incrociati e intercettazioni ambientali che hanno incastrato il 22 disoccupato di Salemi. E proprio le cimici dei carabinieri hanno catturato una sorta di confessione di Franco, beccato mentre parlava proprio del delitto. Un delitto premeditato, come hanno spiegato gli inquirenti, visto che Franco si è recato nell’abitazione di Di Giorgi armato, con guanti, e tutti gli attrezzi usati per colpire l’uomo e dargli fuoco una volta steso per terra. Gli esami sul corpo hanno permesso di accertare che Di Giorgi è stato steso da colpi di vanga in testa. Poi il corpo è stato cosparso di benzina, mentre l’uomo in realtà ancora respirava, e dato alle fiamme.
Tra i due da anni non correva buon sangue. C’erano state controversie, finite anche in tribunale.
Nel 2009 e nel 2010, Di Giorgi ha denunciato il giovane salemitano ancora minorenne, per furto e lesioni personali. I primi accertamenti hanno permesso di rilevare che, nel corso degli anni, quella Pietro Franco nei confronti di Di Giorgi era divenuta una vera e propria persecuzione, tanto che l’anziano agricoltore, intimorito, non aveva avuto il coraggio di denunciare le ulteriori angherie subite.
Le indagini sviluppate dai Carabinieri nei confronti di Franco, eseguite con le tradizionali attività investigative, supportate dalle anche delle intercettazioni ambientali sulla sua autovettura, hanno permesso di fare chiarezza sulla dinamica dell’omicidio e sul movente.
E’ stato lo stesso arrestato, intercettato a bordo della sua autovettura, a spiegare ai più stretti congiunti le modalità dell’aggressione con la pala, ritrovata poi a poca distanza dal cadavere, per uccidere; nonché precauzioni utilizzate per evitare di essere individuato e, infine, il movente scatenante di tanta ferocia.
Alla base di tutto, infatti, sembrano esserci proprio le denunce sporte in passato da Di Giorgi, che si sarebbe rifiutato di rimettere, nonostante le reiterate richieste dell’arrestato, nonché una causa penale contro una zia di Pietro Franco, dove la vittima dell’omicidio era parte civile.
La donna, accusata di lesioni da Di Giorgi, era stata già condannata due giorni prima dell’omicidio (il 25 giugno 2014) dalla Corte di Appello di Palermo a tre mesi di reclusione e al risarcimento danni. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe stata una avance, riferiscono gli inquirenti, un po’ troppo spinta. Con Di Giorgi che avrebbe palpeggiato al seno la moglie di Franco. Il giorno dopo il giovane ha commesso l’omicidio. Nei giorni successivi, intercettato, Franco raccontava tutto alla moglie, che l’ha rimproverato. Non ha condiviso che il “lavoro” sia stato fatto direttamente dal marito: “Cretino, dovevi farlo fare a un altro”. Messo davanti all’evidenza delle prove, Franco agli inquirenti ha confessato il delitto. Per lui è stata confermata la misura cautelare della detenzione in carcere.