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30/08/2014 13:50:00

La rivoluzione dell’arte popolare: Warhol. A Roma, Palazzo Cipolla, fino al 28 Settembre

C’è ancora tutto il mese di settembre per ammirare le opere del personaggio chiave del XX secolo, colui che ha lasciato un segno indelebile non soltanto in ambito artistico ma anche, e soprattutto, nel modo di pensare, di sentire, di comunicare.

Erano gli anni Cinquanta quando, dalle sponde dell’Atlantico, il “nuovo mondo”, un ristretto gruppo di pittori teorizzava la corrente dell’espressionismo astratto. Autori come Pollock rappresentavano il caos delle emozioni interiori e aggredivano la tela con getti di colori contrastanti, in cerca del sublime. Obiettivo dichiarato era di andare oltre i confini dell’arte classica, senza tener conto di prospettive, volumi e chiaroscuri, ma sempre alla ricerca di una nuova forma d’arte - seppur astratta - fatta di colori accesi, di nuove tecniche di pittura, di soggettività, di “espressioni” forti.

Ma c’era anche chi, come segno di rottura rispetto ai linguaggi classici, inneggiava alla semplicità, ai soggetti più comuni. Meglio ancora, con colpo di genio prima inimmaginabile, il movimento della Pop Art, proprio in opposizione all’intellettualismo degli espressionisti, osservava la realtà più banale e, immortalandola, colorandola, moltiplicandola, ne faceva arte.

La Pop Art deriva il suo nome dall’abbreviazione di Popular Art, ovvero arte popolare. Questa definizione sottolinea sia la volontà dei partecipanti al movimento di coinvolgere la gente ordinaria (anziché una ristretta élite di intellettuali) sia l’intento di allargare il concetto di arte a più settori come, ad esempio, la pubblicità, l’editoria (si pensi a tal proposito alla diffusione dei fumetti), la televisione e tante altre forme di comunicazione.

Per Andy Warhol, il padre del movimento, la Coca Cola - ad esempio - diventa oggetto d’arte perché chiunque può berla. “Liz Taylor, il Presidente o qualsiasi altro personaggio famoso degusta la stessa identica bibita che tutti i cittadini possono comprare”. Seguendo lo stesso concetto di uguaglianza, caposaldo della giovane democrazia americana, anche l’arte deve essere “consumata” come qualsiasi altro prodotto commerciale. Non solo, ma deve essere fruibile da tutti, diffusa su vasta scala e destinata ad un pubblico più numeroso anche se meno pretenzioso.

Ecco perché immortalare le diverse varietà della zuppa - Warhol dipinse circa 30 versioni della Campbell’s Sup - ecco le comunissime scatole dei supermercati americani, le Brillo Box.

Oltre a questi oggetti, nella mostra si ammirano le icone di Warhol come i teschi - Skulls - i Mao e le Liz. Sono tutte immagini piatte che rispecchiano la società moderna nel suo flusso dinamico. Al trionfo dell’apparire, si affianca una società consumistica in cui tutto viene mercificato, in cui la produzione avviene “in serie”, in cui si perdono soggettività ed individualismo e, dietro a quei colori vivaci, si nasconde l’effimero.

Qui esposta c’è anche la Shot Marilyn del 1964 con un buco in fronte; si tratta del quadro che era appeso quando una squilibrata cercò di uccidere Warhol con un colpo di pistola.

Non mancano gli argomenti più drammatici – si notino i Disasters – in cui soggetti come la sedia elettrica o l’immagine della bomba atomica vengono meccanicamente ripetuti in colori sgargianti.

Un’intera sala è dedicata alle polaroid dell’artista che omaggiano numerosi volti noti, a lui contemporanei, e che testimoniano l’ossessione dell’artista per la celebrità. Secondo l’autore, infatti, nessun essere umano vorrebbe mai rinunciare a “15 minuti di celebrità”. E, per finire, le innumerevoli versioni dell’Ultima cena - Last supper - che furono anche i suoi ultimi lavori.

Una mostra varia, diversificata, carica di simboli e di significati, curata da un mecenate molto caro all’artista, Peter Brant. Egli fu, infatti, acuto collezionista ma prima di tutto grande amico di Warhol. Grazie alla Brant Foundation è possibile osservare, a Palazzo Cipolla nella capitale, queste 150 opere, e riconoscere l’eclettismo di un creativo fra i più eccentrici della cultura contemporanea.

Per maggiori informazioni:

http://www.warholroma.it

Sabrina Sciabica