Hanno deciso di battezzarsi Crisitiani per la Nazione, nome altisonante e, al contempo, alquanto inquietante, dacché evoca l’imperituro spettro di un nazionalismo cristiano che auspicavamo fosse stato definitivamente sepolto e che invece qualcuno, inesorabilmente, sembra voglia ridestare nelle (cattive) coscienze.
Chi siano costoro non è dato saperlo, poiché, ufficialmente, il sito internet del movimento figura “in costruzione”: però possiamo affidarci all’intuizione (di cui noi, educati alla “scuola del sospetto”, non difettiamo), prendendo le mosse dai nobili proclami della neonata associazione. Lo spunto ci è offerto da un altro gesto encomiabile, quello del municipio di Palermo, che ha deciso, conformemente a quanto caldeggiato dall’ONU, di istituire la “Giornata delle famiglie”.
Credo che sia pleonastico rimarcare il fatto che “le famiglie”, in verità, vengano interpretate nella logica del movimento come la famiglia, unica, indeclinabile e, udite udite, «ultimo baluardo per la difesa di valori che stanno andando a perdersi» (cito testualmente dal comunicato stampa dell’associazione, pubblicato in data 27 agosto a margine dell’incontro svoltosi presso il Comune di Palermo e malauguratamente recapitato al mio indirizzo di posta elettronica).
Patetico, verrebbe da dire, se non fosse che in realtà, affermazioni come queste debbono destare, oltre che sconcerto, anche preoccupazione. Almeno questo è ciò che suscitano in noi incoercibili malpensanti intellettuali di sinistra, che da sempre tramiamo nell’ombra per consegnare il mondo alla perversa morale giacobina, irredimibile e libertina. Quando, al contrario, dovremmo essere grati a quanti, con nobiltà e disinteresse, difendono un’istituzione sacra, minacciata dal sempre più pervasivo pericolo laicista.
Come tutti coloro che hanno la coda di paglia e sono vittime di una (ossessiva ed infondata) mania di persecuzione, il movimento chiarisce, nel suo comunicato stampa: «Non è una “azione contro” (ma, se non lo fosse, non sarebbe necessario puntualizzarlo - ndr) ma è una rivendicazione della centralità (in verità perduta e per ciò stesso rivendicata - ndr) che la famiglia riveste nella società odierna». Il fatto è che famiglia, oggi come oggi, è un termine che, fortunatamente, ha assunto accezioni plurime e, per ciò stesso, più ampie rispetto al monismo moraleggiante proprio del cristianesimo fondamentalista.
E, benché chi gioca a far la vittima lamenti il diritto ad un pari trattamento, fondato sull’argomentazione retorica secondo cui lo «Stato democratico deve egualmente rappresentare le posizioni Lgbt quanto quelle di chi invece non è d’accordo con le posizioni di questi», la verità è che la società e la cultura sono ormai cambiate e auspicare il ritorno ad uno stadio antecedente è sintomo inequivocabile di nostalgia reazionaria da ancien régime.
Non è affatto vero, peraltro, che le rivendicazioni dell’oltranzismo cristiano stiano sullo stesso piano di quella giustamente avanzate dal movimento Lgbt: mentre queste ultime, difatti, posseggono un carattere inclusivo, chiedendo di ampliare gli orizzonti giuridici dello stato di diritto, le prime hanno un’impronta escludente, tesa a screditare tutto ciò che è percepito come “deviante” dal modello unico e moralmente autorizzato ed autorevole.
Per cui, non giochiamo a confondere le acque: democratica è l’estensione di un diritto a più soggetti, non l’omologazione della società ad una visione culturale intransigente. Con buona pace di quanti auspicano il ritorno in auge di categorie di pensiero di cui, fortunatamente, l’ingresso nel paradigma moderno dell’autodeterminazione della coscienza ha sancito il tramonto.
Alessandro Esposito - pastore valdese in Argentina - da Micromega-online del 1° settembre 2014