E’ stata l’imputata Anna Patrizia Messina Denaro il ‘’mattatore’’ dell’ultima udienza, davanti il Tribunale di Marsala del processo scaturito dall’operazione antimafia “Eden”. Ascoltata su richiesta del suo difensore, l'avvocato Celestino Cardinale, la sorella del boss latitante Matteo Messina Denaro, accusata di associazione mafiosa ed estorsione, è stata un fiume in piena. “Non faccio parte di Cosa Nostra” – ha detto rispondendo all’unica domanda del pubblico ministero della Dda Paolo Guido. Poi, l’autodifesa è proseguita rispondendo alle domande del suo legale. Sposata da vent’anni con Vincenzo Panicola, condannato in primo grado per mafia (dal matrimonio sono nati tre figli: Vito, Francesco e Giuseppe), la sorella del boss si è difesa con estrema calma, determinazione e con un linguaggio forbito. “Non ho commesso estorsione in danno di Girolama La Cascia – ha dichiarato la sorella del boss – era stata la mia madrina Caterina Bonagiuso a dire alla La Cascia di darmi una parte dell’eredità, 70 mila euro, che mi furono dati con tre assegni che depositai in banca. La mia madrina non mi citò nel testamento perché aveva il timore che la donazione potesse essere confiscata dallo Stato. Io pago per il cognome che porto, ma di cui sono orgogliosa. Da vent'anni non ho contatti con mio fratello Matteo”. Questa la sintesi della sua lunga deposizione. “Mio marito – è stato l’incipit - quando ci siamo conosciuti era appena diplomato. Poi, fu assunto dal signor Grigoli (ex “re dei supermercati Despar” in Sicilia occidentale poi condannato per mafia) per tre o quattro anni. Faceva il magazziniere. Ho conosciuto Grigoli da mia suocera, di cui lui era cugino. Ma lui non ha mai avuto per il parente l’occhio di riguardo, se lo avesse avuto mio marito non se ne sarebbe mai andato. Dopo ha fatto il rappresentante di prodotti per pulizia, ma è andato male. Poi, un’impresa ed è andata peggio. Poi con un socio ha aperto un’impresa di pulizia, ancora peggio. Non penso possa aver goduto di appoggi di alcun genere. Le condizioni economiche della mia famiglia prima dell’arresto erano modeste. Dopo, il socio un pò di introiti me li dava. Avevo le olive. Diversi ettari. Ma gli affari andavano male perché nessuno vuole avere a che fare con chi ha problemi con la giustizia. Le olive erano stato sequestrate nel 2013, poi dissequestrate e poi sequestrate per il valore di 70 mila euro per la presunta estorsione di cui a questo processo. Dal 15 marzo 2010 mio marito è arrestato e io da solo provvedo alla famiglia. Uno dei figli è minore. I ragazzi frequentano la scuola. Da quel momento mi sono spostata da Castelvetrano solo per andare a colloquio con mio marito. Andavo altrove solo se dovevo recarmi da un medico”.
CAPITOLO PARENTELE – “Filardo Giovanni è mio cugino, la nostre madri sorelle. Parentela tranquilla, senza mai interruzione. Ci vedevamo per Natale e per i compleanno dei bambini. Filardo lavorava, tanti anni è stato in affitto. Nessun mezzo di Filardo appartiene a me o a mio marito, (ma nelle intercettazioni Lorenzo Cimarosa dice il contrario). Ho conosciuto Cimarosa quando sposò mia cugina. Quando arrestarono mio marito, Lorenzo Cimarosa venne a casa mia. Mi voleva dare non so quale mano d’aiuto. Ma dissi che non l’avevo chiamato, non avevo bisogno di nulla. Solo di tranquillità. A luglio trasferirono mio marito al carcere di Avellino e venne mia zia, la suocera di Cimarosa. Cercai di farla rappacificare con mia madre, sono sorelle, ma mia madre non ne volle sapere. Per il compleanno di mia madre mia zia venne di nuovo. Poi venne mia cugina e iniziammo ad avvicinarci. All’anno nuovo decisi fare dei lavori di ristrutturazione della casa al mare e ho avuto l’infelice idea di chiamare Cimarosa come muratore. L’ho deciso dopo aver avuto la certezza che avrei avuto un lascito da mia madrina Bonagiuso Caterina”. Pessimo è il giudizio che Anna Patrizia Messina Denaro esprime sul cugino acquisito: “E’ una persona squallida. La moglie mi ha raccontato che era stato infedele. Aveva un problema con il figlio, ma un genitore deve accettare sempre la diversità di un figlio. C’erano continue discussioni. Mai consegnato a lui una lettera proveniente da mio fratello Matteo. Cimarosa ha covato rancore per 25 anni perché era ignorato. Era molto invidioso del rapporto con cognato Filardo Giovanni e le sue affermazioni servono per salvare la sua proprietà”.
LA MADRINA E L’EREDITA’ – “Caterina Bonagiuso era nostra vicina di casa ed è stata mia madrina di battesimo. Il mio rapporto con lei è sempre stato ottimo. L’andavo a trovare spesso prima che arrestassero mio marito. Poi non avevo tempo, perché mi occupavo di due mamme, mamma e suocera, anziane. Bonagiuso morì febbraio 2011. Aveva stima immensa di La Cascia, non posso dire lo stesso della Campagna (Rosetta, quella che ebbe la quota maggiore di eredità, ndr). Capiva che mirava al patrimonio. Del resto, si è comportata così anche con la sua famiglia. Un giorno la mia madrina mi disse che mi voleva dare qualcosa di suo. La Campagna le portò riviste e le disse che se dava cose a me la magistratura le avrebbe sequestrate. Mia madrina mi disse: ‘ti voglio bene, farò in modo di lasciarti qualcosa’. La Campagna è sgradevole alla vista, peggio quando parla. Quando mia madrina è morta è stata composta nel garage, non nell’abitazione (ereditata dalla Campagna, ndr). Gli si dovevano gli onori. La sera della sua morte, quando stavo per andarmene, la signora La Cascia mi disse che ci dovevamo vedere perché aveva qualcosa per me. Poi, mi disse che la mia madrina le aveva detto di darmi 70 mila euro, che ebbe con tre assegni che depositai in banca. Se questa è un’estorsione, l’ho proprio fatta male. Mai fatto pressioni sui Campagna. Mai dato incarico a mio nipote Francesco Guttadauro. Gli dissi solo di non andare a comprare olio e olive da loro. Lui mi disse che non ne vedeva il motivo. Un giorno vidi Rosetta Campagna con le sue due bambine. Mi avvicino per dare un bacio alle bambine e lei mi urla che io non avevo accudito la madrina e non mi toccava niente. Io le dico: ‘pazza, fatti curare’. Subito dopo, suo nipote, Montalbano, si scusa per il comportamento di sua zia. La signora La Cascia, invece, si trova nei guai per portare avanti un obbligo morale. Lei mi ha dato i soldi. Perché avrei dovuto rifiutarli”.
CAPITOLO GIUSEPPE GRIGOLI – Dopo l’arresto, l’imprenditore ha dichiarato di essere “vittima” della mafia, alla quale ha dovuto pagare dazio. “Dicono sempre così dopo l’arresto – afferma Anna Patrizia Messina Denaro - Grigoli dice che avrebbe dato soldi a mio marito, se così fosse stato non avrebbe avuto motivo di lasciare il lavoro. Il video del colloquio in carcere con mio marito. I gesti e gli occhi in alto non si riferiscono a mio fratello Matteo, che non vedo e non sento da più di vent’anni. Guardavo le telecamere. Certo, ero risentita con Grigoli perché accusava mio marito. Se avessi avuto contatti con mio fratello, chi mi controllava se ne sarebbe accorto. Ci mettono le microspie pure nelle brioches… Io parlavo di Grigoli con mia suocera. Le dicevo: ‘bel cugino che hai’. Grigoli dice bugie. Una è quella relativa al fatto che era stato autorizzato da mio fratello a parlare. Quando si va in carcere, si cercano scorciatoie per uscire. Mi scambiavo lettere con mio fratello Salvatore. Gli parlai anche dell’eredità Bonagiuso. Io so che non è vero che Grigoli gli dava soldi. E quando mi marito gli chiedeva un anticipo sullo stipendio, la risposta era sempre ‘no’. A volte, non arrivavamo a fine mese. Non ho fatto riunioni. Ho scelto di fare la mamma. Se io non avevo il mio nome, per la vicenda dell’eredità, non se ne sarebbe accorto nessuno”. L’imputata ha risposto, infine, anche alle domande di due avvocati di parte civile, Giuseppe Gandolfo e Domenico Grassa. Al primo ha risposto di avere scoperto, dopo l’arresto del marito, che aveva un debito in banca di circa 30 mila euro. Sul pretorio è, poi, salito il notaio castelvetranese Giovanni Cancemi, ascoltato su richiesta dell’avvocato Giovanni Messina, difensore di Girolama La Cascia, imputata per false dichiarazioni al pm e, secondo l’accusa, vittima di estorsione ad opera di Anna Patrizia Messina Denaro. Il notaio Cancemi fu quello che raccolse le disposizioni testamentarie della Bonagiuso, morta a fine febbraio 2011 (il testamento fu redatto il 24 dicembre 2010). “Qualche mese dopo la morte della Bonagiuso – ha detto il notaio – mi venne a trovare la La Cascia e mi chiese se aveva l’obbligo di rispettare una disposizione orale della de cuius. Io risposi che non aveva un obbligo giuridico, ma solo morale. Mi disse che si trattava di 70 mila euro. Io spiegai che vista l’entità della somma, il trasferimento doveva avvenire con mezzi tracciabili: assegni, bonifico bancario, etc. Solo alla fine, quasi come un colpo di teatro, mi disse che la beneficiaria era la sorella di Matteo Messina Denaro”.