I pentiti palermitani Stefano Lo Verso e Sergio Rosario Flamia sono stati ascoltati, a Roma, nel processo che davanti il Tribunale di Marsala (presidente del collegio: Gioacchino Natoli) vede imputati alcuni dei personaggi coinvolti nell’operazione antimafia “Eden”. E cioè Anna Patrizia Messina Denaro, Francesco Guttadauro, rispettivamente sorella e nipote del boss latitante Matteo Messina Denaro, Antonino Lo Sciuto, tutti accusati di associazione mafiosa (i primi due anche di estorsione e tentata estorsione), Vincenzo Torino, che deve rispondere di intestazione fittizia di beni, e Girolama La Cascia per false dichiarazioni al pubblico ministero. Quest’ultima, per l’accusa, anche vittima di estorsione ad opera della sorella del boss. A sostenere l’accusa sono i pm della Dda Carlo Marzella e Paolo Guido. Nelle testimonianze di Lo Verso e Flamia è stata focalizzata soprattutto la figura di Francesco Guttadauro, che è stato riconosciuto da entrambi i collaboratori di giustizia nell’album fotografico che è stato loro mostrato. Lo Verso, originario di Ficarazzi, mai formalmente “punciutu”, ha riferito, in particolare, di aver saputo che Guttadauro “è il nipote del cuore di Matteo Messina Denaro”. A dirglielo sarebbe stato, secondo il suo racconto, Giuseppe Comparetto, parente di Guttadauro. Quest’ultimo sarebbe andato a trovare lo zio per discutere di una richiesta estorsiva fatta a un bagherese (Rosario Provino) che aveva comprato terreni a Castelvetrano e al quale furono tagliati alcuni alberi. Poi, grazie all’intervento di Guttadauro, ha spiegato il pentito, “venne trovata una soluzione”. Lo Verso, inoltre, ha detto di essere uno di coloro che hanno favorito la lunga latitanza del boss corleonese Bernardo Provenzano e che “la maggior parte dei centri scommesse è controllata da Cosa Nostra”. Anche Flamia, punciutu nel gennaio 2012, ma che frequentatore degli ambienti mafiosi sin dai primi anni ’80, ha dichiarato di essersi occupato della latitanza di “Binnu” Provenzano, che per un certo periodo si è nascosto in un’abitazione del centro storico di Bagheria. Poi, come Lo Verso, anche Flamia ha parlato dell’intimidazione (alberi tagliati) subita dall’imprenditore bagherese Provino, dicendo che per risolvere la questione “si recarono a Castelvetrano, per incontrare lo zio di Francesco Guttadauro, Gino Di Salvo e altri”. L’indomani chiese a Di Salvo com’era andata a finire e questi gli avrebbe risposto: “Tutto risolto”. Flamia ha, inoltre, affermato che “quando Guttadauro andava a Castelvetrano si aprivano tutte le porte”. Alla trasferta romana ha partecipato, tra gli altri, anche l’avvocato di parte civile Giuseppe Gandolfo. Prossima udienza, a Marsala, il 18 dicembre, quando verranno ascoltati il collaborante Lorenzo Cimarosa, il maggiore dei carabinieri Antonio Merola, Lea Cataldo e l’imputata Girolama La Cascia.