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19/12/2014 08:56:00

Intervista a Paolo Ricca

Benigni ha restituito i comandamenti alla loro evangelicità.
Grande successo di pubblico per le due serate televisive di Roberto Benigni sui dieci comandamenti
(Rai Uno, 15 e 16 dicembre). Abbiamo chiesto una valutazione del «doppio monologo» del comico
al prof. Paolo Ricca, pastore e teologo valdese, citato da Benigni nella prima serata come una delle
fonti di ispirazione del suo lavoro.
«La valutazione è assolutamente positiva, perché Benigni è riuscito a mettere in luce i contenuti
evangelici dei comandamenti. È riuscito nell’impresa più ardua - ma anche più benefica e benedetta
- che è quella di far capire che i comandamenti sono un “evangelo”, una buona notizia per l’umanità
e per ogni singola persona. Questo lo si riesce a fare soltanto scavando nei comandamenti come ha
fatto lui, restituendoli nella loro “evangelicità”. Quindi secondo me queste due puntate sono state
una vera e propria evangelizzazione. Non so se questa parola piacerebbe a Benigni, ma per come le
ho vissute io, questo è il fatto. È veramente un’opera straordinaria: nessun altro avrebbe potuto fare
qualcosa del genere, soltanto Benigni poteva farlo e l’ha fatto in maniera assolutamente egregia.
Non avrei praticamente nulla da osservare, nessun rilievo critico sostanziale. L’impresa è
perfettamente riuscita e c’è soltanto da essere grati a Dio che evidentemente lo ha utilizzato per far
conoscere la sua Parola a milioni di italiani. Nessun teologo, nessun pastore, nessun vescovo e
nessun papa avrebbe potuto farlo come lo ha fatto lui».
Soprattutto in un’Italia che la Bibbia la conosce decisamente poco…
«Sì, e i comandamenti poi li conosce pochissimo; e se li conosce è in quella forma purtroppo
“manomessa” dalla tradizione cattolica: come il comandamento del riposo, che è diventato
“santificare le feste”, o il “non commettere adulterio” che è diventato “non commettere atti impuri”.
Benigni ha fatto giustizia di tutte queste manomissioni, come anche del fatto di aver diviso l’ultimo
comandamento in due per far tornare il numero 10: anche in questo caso ha detto, giustamente, che i
due comandamenti vanno considerati insieme perché sono nati insieme. Se li dividi dai al
significato del desiderare la donna una connotazione di tipo erotico-sessuale che non c’è affatto nel
comandamento, il cui intento è quello di tutelare la proprietà (come sappiamo allora la donna era
proprietà del marito; naturalmente la cosa non è più accettabile oggi, ma quello era il senso del
comandamento). Benigni ha fatto giustizia di tutte queste manomissioni, e di questo bisogna
essergli enormemente grati. E come ha saputo spiegare Dio, il suo nome, l’abuso del nome divino, il
non farsi immagine alcuna, che cos’è l’idolo: tutti discorsi che naturalmente cerchiamo di fare
anche noi, nel nostro piccolo, ma che da un pulpito di quel genere hanno effettivamente non solo
affascinato ma, ripeto, evangelizzato molti italiani».
Lei è stato consulente di Benigni, insieme ad altri...
«Non si è trattato di una vera e propria consulenza, ma di un aiuto indiretto, attraverso il libro che
ho scritto sui dieci comandamenti, trasposizione letteraria di dodici puntate fatte con Gabriella
Caramore a “Uomini e profeti” (Radio Rai 3) ormai quasi vent’anni fa. Il libro era esaurito e
Benigni ha chiesto la mia copia, l’ultima che mi è rimasta» (ora il libro è stato ristampato, ed.
Morcelliana, ndr).
Nelle ultime settimane vi siete comunque visti alcune volte.
«Sì, siamo diventati amici. Ha letto il libro con il giornalista Franco Marcoaldi, co-autore dei testi, e
evidentemente lo hanno “digerito”: molte cose che sono emerse nelle due puntate si possono trovare
anche nel libro. Sono felice di questo, ma soprattutto del fatto che dei comandamenti spiegati in
questa maniera ci si poteva veramente innamorare. Questa è la cosa più bella: quando riesci a far
innamorare la gente della Parola di Dio, e in particolare dei comandamenti di Dio togliendo tutto
quella che ci poteva essere di legalistico, di impositivo. È l’evangelo dei comandamenti, quello che
è venuto fuori. Si poteva capire che questi comandamenti sono una benedizione, un aiuto, qualcosa
che fa bene all’umanità, che una comunità umana che cerca di vivere secondo questi comandamenti
è effettivamente benedetta. La cosa più bella è capire che la Parola di Dio non è una catena, ma ti
apre le piste della libertà e dell’amore. Le due coordinate di queste due puntate erano appunto
libertà e amore: e sono le due parole che avevamo messo nel sottotitolo del libro, intitolato appunto
“Le dieci parole di Dio – le tavole della libertà e dell’amore”. Dio come liberatore (prima ancora
che come creatore), Dio che è amore e il suo comandamento, in fin dei conti, è quello dell’amore.
Infatti Benigni ha chiuso con il comandamento dell’amore, e questa era anche la conclusione del
libro, dedicata al “sommario” della legge che è appunto il doppio comandamento dell’amore».

a cura di Luca Maria Negro