Mentre i calciofili italiani aspettano ancora con sempre più viva impazienza gli inevitabili deferimenti alla Giustizia Sportiva del consigliere federale Morgan De Sanctis e di Francesco Totti per le sgradevoli dichiarazioni fatte in prossimità della partita della Roma contro la Juventus, il presidente della FIGC Carlo Tavecchio si e svegliato dal suo torpore ed ha annunciato l’istituzione di una commissione per studiare quale tipo di meccanismo da linea di porta adottare dall’inizio del prossimo campionato. Precisando che dovranno essere le società a pagarselo. Una spesa, in periodi di vacche magre, inutile se non superflua, visto i risultati che tali meccanismi finora hanno dato.
Il dispositivo tedesco ha già dichiarato in partenza di non garantire risultati esatti al di sotto della misura di un centimetro e mezzo. In difetto ed in eccesso arriviamo dunque a tre centimetri: un’enormità per giustificare la spesa. Il pallone di Astori in Roma-Udinese che l’arbitro Guida, sovvertendo tutti i principi della fisica ottica (dalla sua posizione avrebbe visto meglio dell’addizionale, piazzato sulla linea di porta!) ha giudicato entrato in porta, quando dalle riprese della telecamera allineata coi due pali si vede benissimo che uno spicchio di pallone è nascosto dal palo e quindi non ha superato la linea bianca, lascia ancora perplessi. E con una franchigia di un centimetro e mezzo neanche la tecnologia avrebbe dato certezze.
Non parliamo poi dell’occhio di falco, perfettamente identico a quello messo a punto da CNR e Udinese ma adottato dalla FIFA chissà in base a quali <pressioni>. Ai mondiali ha toppato clamorosamente (ma nessuno lo ha detto) sul non-gol di Benzema, pallone mai entrato, inducendo l’arbitro a convalidarlo.
Sul marchingegno usato ai mondiali ci sono due considerazioni da fare: innanzitutto si basa su algoritmi, non su certezze. Stabilisce il punto dove la palla dovrebbe trovarsi il base al resto della traiettoria percorsa. Non considera infatti né eventuali deviazioni, né il vento, ecc. E poi chi garantisce che le telecamere <vedano> il pallone se la traiettoria fra la telecamera ed il pallone stesso è coperta dal corpo – tutto o in pare – di uno o più giocatori?
Prima di adottare una tecnologia bisognerebbe trovarne una che garantisca la certezza del risultato: l’unico sistema potrebbe essere quello del pallone con dei <chip> che avvertano quando viene attraversato un campo magnetico. Ma ancora i fabbricanti di palloni e i tecnici incaricati di affrontare il problema non sono riusciti a mettere a punto un sistema adeguato. La realtà è che le TV premono perché dopo aver acquistato i diritti del calcio, degli orari, delle interviste e degli spogliatori, vogliono mettere mano anche sulla facoltà di decidere il risultato. Uccidendo così il calcio.
Invece di pensare a dotarsi di strumenti inadeguati e costosi, la FIGC ed il suo presidente farebbero bene – oltre che a sollecitare il procuratore Palazzi a completare le pratiche disciplinari in sospeso – a far pressione, insieme con l’UEFA e con altre federazioni autorevoli, presso la FIFA e l’anacronistica IFAB, perché venga ridisegnata e riscritta, in termini assai più semplici di quelli cui è stata ridotta negli ultimi anni, la regola del fuorigioco, resa di complicatissima e difficilissima applicazione dalle recenti e deliranti modifiche. In questo cammino la FIGC potrebbe farsi aiutare da specialisti come il responsabile degli arbitri dell’UEFA Pierluigi Collina ed il suo omologo FIFA Massimo Busacca. Un fuorigioco semplificato (per esempio come quello che – come qualche anno addietro - richiami in causa la <luce> fra i due corpi in oggetto (quello dell’attaccante e quello del penultimo difensore) e una con una definizione meno cervellotica del concetto di attivo o passivo (se partecipa realmente all’azione, giocando la palla, o meno). Rottamando concetti assurdi come <parte del corpo con cui si può giocare la palla>, <distanza di influenza>, <cono di visuale del portiere>, <palla giocata consapevolmente o deviata involontariamente> ecc., in modo da mettere gli arbitri ed i loro assistenti in grado di prendere una decisione il più lineare possibile senza dover riunire prima un consiglio d’amministrazione, chiamare in causa uno strizzacervelli o passare ad una votazione a scrutinio più o meno palese.
Ma nel nostro mondo le cose semplici sono sempre le più difficili da fare accettare. Anche nel calcio.
Salvatore Lo Presti