Si definisce “Età dell’angoscia” il periodo storico che va da Commodo a Diocleziano, ovvero dal 180 al 305 d.C.. L’espressione è un prestito dal titolo del poema di W.H. Auden, The age of Anxiety, del 1947, in cui l’autore definiva in tal modo il pesante clima del post-guerra mondiale. Il filologo e grecista Dodds, in seguito, lo utilizza nuovamente per descrivere l’inizio del declino dell’Impero Romano, a partire dal III secolo. Sentimento di angoscia poiché i punti di riferimento della struttura organizzativa dell’Impero cominciavano a mutare. Roma perdeva la sua centralità a causa della moltiplicazione delle sedi politiche tanto che spesso gli imperatori non si avvicinavano neanche alla città. Il sistema politico e sociale iniziava a collassare, la minaccia di invasioni barbariche era sempre più reale. Guerre civili, carestie ed epidemie aggravavano la crisi economica e il concetto stesso di romanitas, su cui era fino ad allora impostato l’Impero, cominciava a vacillare.
Nella prima sezione della mostra, I protagonisti, ammiriamo circa 90 ritratti, principalmente busti, e notiamo la differenza sostanziale tra la rappresentazione degli imperatori precedenti, molto naturalistici, e questi volti profondamente scavati nel marmo e caratterizzati da sguardi trascendenti che mostrano un “dolore di vivere” – come lo definì il padre dell’archeologia italiana Ranuccio Bianchi Baldinelli.Si prosegue con La città di Roma, in cui si analizzano documenti fondamentali per lo studio urbanistico della città - reperti e ricostruzioni - poiché, nonostante il malessere generale, i romani di quei secoli, non soltanto preservarono e restaurarono il patrimonio esistente, ma costruirono nuovi acquedotti, terme e infrastrutture, tra cui le mura aureliane. Esse si sarebbero poi estese per un tracciato di ben 19 km per rimanere, ancora oggi, le più celebri al mondo sia per la lunghezza sia per il loro stato di conservazione. Nella sezione dedicata ai nuovi culti si sottolinea come, proprio nei periodi storici più difficili, l’umanità si rivolga sempre più all’ultraterreno. In concomitanza con l’affermarsi del Cristianesimo, si diffusero culti legati alle divinità orientali. Sono circa 50 le statuine qui esposte che rappresentano Iside, Mitra, Sabazio, Giove e molti altri. Peculiarità del III secolo fu la centralità dell’Esercito, a cui viene dedicata un’intera sezione con busti, stele e raffigurazioni di soldati. Il periodo che va dal 235 al 284 - anno in cui Diocleziano salì al potere - viene definito “anarchia militare” proprio per la centralità dell’esercito che addirittura sceglieva, nominava e, quando scomodi, eliminava gli imperatori.
Il percorso espositivo, visitabile fino al 4 ottobre 2015, raccoglie innumerevoli testimonianze utili ad una ricostruzione storico-culturale di quest’epoca. È fitto di utensili, arredi, argenterie, sarcofagi e urne, mosaici e affreschi. Reperti provenienti da musei internazionali come il Metropolitan di New York e il Museo Archeologico Nazionale di Atene, per la prima volta raccolti in un’unica mostra dedicata ad un periodo importante perché pone le basi per le successive fasi storiche, quella tardo antica e quella medievale.
Il tutto all’interno del più antico museo pubblico del mondo – nato nel 1471 quando Sisto IV decise di donare alla città un gruppo di statue bronzee che furono posizionate al Campidoglio – in cui si conservano le radici della nostra cultura e le origini dell’arte italiana.
Sabrina Sciabica