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14/02/2015 06:15:00

C'è una mafia che gestisce le rotte dei migranti. Criminali che trafficano uomini

  C'è la mafia dietro la tratta dei migranti che dalle coste africane tentano di sbarcare in Sicilia. C'è la mafia nei loro naufragi, nelle migliaia di vittime in mare di questi ultimi mesi. Ne sono sempre più convinti gli investigatori delle procure di mezza Sicilia, che stanno mettendo insieme le tessere del puzzle, e stanno delineando, con grande difficoltà, i contorni di un'organizzazione criminale che è dedita al traffico di persone, per gli scopi più diversi: raccogliere ovviamente soldi (rapire le persone, farsi pagare per un riscatto, metterli a centinaia nei balconi alla deriva) utilizzare le persone - se arrivano salve - come schiavi per i raccolti o nei cantieri, infine - ed è l'ipotesi più suggestiva dal punto di vista geopolitico ma non tanto campata in aria - per fare pressione al governo italiano e all'Ue nei rapporti con quello che resta della Libia di oggi, divisa in tante fazioni che si fanno guerra tra loro. L'ennesima strage, nella quale sono morte centinaia di persone, è molto strana: perchè il mare era in condizioni pessime, e solo un pazzo si sarebbe imbarcato per un viaggio di almeno una notte in una carretta in balia delle onde. Le possibilità di salvezza erano vicine allo zero. E infatti i pochi sopravvissuti ripetono: "Ci hanno costretto". Ma chi? E perchè? Alla caccia di questa banda di criminali, gli inquirenti hanno già identificato almeno quattro malviventi che avrebbero costretto i disperati a partire col mare in tempesta. E siccome c'è di mezzo la mafia, della vicenda non si occupa più solo la Procura di Agrigento, ma anche la Direzione distrettuale antimafia di Palermo e sulla tratta di essere umani la Direzione Nazionale Antimafia ha tenuto un vertice a Roma.  A Palermo il procuratore aggiunto Maurizio Scalia - coadiuvato dai pm Geri Ferrara e Claudio Camilleri - ha aperto un'inchiesta per associazione per delinquere finalizzata alla tratta umana e all'immigrazione clandestina.

Il fascicolo, per il momento, è carico di ignoti e si è tenuto il primo vertice in Procura al quale hanno partecipato i dirigenti delle Squadre mobili di Palermo e di Agrigento e gli ufficiali delle Capitanerie di Porto. Sarebbe sempre la stessa banda, responsabile del naufragio di questa settimana e di quello del 14 Ottobre 2013. Gli stessi criminali, allora, costrinsero a salire a bordo di una "carretta del mare" oltre 400 eritrei, 366 dei quali annegarono a qualche miglio appena dal porto di Lampedusa. La tragedia di lunedì scorso, nel mare in tempesta a 110 miglia a sud di Lampedusa è costata invece la vita ad almeno 350 persone, comprese le 29 morte per assideramento. Solo 85 dei 430 migranti salpati da una spiaggia ad est di Tripoli a bordo di quattro gommoni si sono salvati. Diversi superstiti sono stati già interrogati. Dell'organizzazione criminale che opera in Libia sarebbero stati già identificati quattro componenti.

Al vertice della Dna, presieduto dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, hanno partecipato i capi di tutte le Direzioni distrettuali antimafia. Per fare il punto della situazione, i magistrati hanno analizzato i dati raccolti dal Viminale sull'emergenza immigrazione. Solo nel 2014 sono sbarcati in Italia 170.100 migranti, tra i quali 125.788 uomini, 18.190 donne e 26.122 bambini. Le principali nazionalità degli extracomunitari arrivati sono siriane, eritree, maliane, nigeriane, gambiane, palestinesi, somale, senegalesi e bengalesi. La maggior parte dei migranti sono partiti dalla Libia e ultimamente anche dalla Tunisia, mentre sono diminuite le partenze dall'Egitto grazie alla collaborazione delle autorità del Paese con l'Italia. Dalla Turchia e dalla Grecia transitano molti siriani, palestinesi, iraniani e afgani. Questi i dati. Ma i volti dei boss che fanno mercato della disperazione di queste persone è ancora senza nome. 

Proprio venerdì la corte d'assise di Agrigento ha condannato a 30 anni Mouhamud Elmi Muhidin, 34 anni, il somalo accusato di tratta di esseri umani, associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e violenza sessuale. Venne denunciato da un gruppo di immigrati sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa, dove morirono 366 persone. Portato al Cpa, venne riconosciuto dai sopravvissuti che lo accusarono di essere uno degli organizzatori del viaggio per l'Italia. "E' lui, la sua faccia non la dimentico", disse uno dei testimoni puntando il dito contro Muhidin. I migranti scampati alla morte raccontarono di essere stati rapiti nel deserto da uomini armati e di essere stati portati a Seebha, al confine tra Ciad e Libia, e tenuti prigionieri fino a quando si fecero mandare dai familiari 3.000 dollari da pagare alla banda di sequestratori. Durante la prigionia furono torturati: un giovane ha raccontato di essere stato appeso a testa in giù e picchiato sulla punte dei piedi, altri di essere stati frustati con fili elettrici dopo essere stati bagnati d'acqua. Tutti hanno riferito che le donne venivano portate fuori dalla casa e violentate. Dopo avere pagato il riscatto, sarebbero stati portati a Tripoli su dei camion e li' sarebbero stati chiusi in un'altra abitazione: solo in cambio di altri 1.600 dollari sarebbero stati fatti salire su motoscafi con i quali avrebbero raggiunto, poi, il barcone naufragato. I drammatici racconti hanno molti punti in comune con quelli dei migranti sopravvissuti all'ennesima tragedia del mare e sbarcati l'altro ieri a Lampedusa.Troppe analogie: per questo i pm della Dda di Palermo ipotizzano che a gestire la tratta sia la stessa rete.