C’è un politico, in Sicilia, che è stato beccato a prendere delle tangenti. Non è il primo, non è una novità, e non solo in Sicilia. Il politico venne arrestato, poi patteggio una condanna, e finì di fare il sindaco del suo Comune. Tutto qui? No perchè quella condotta ha provocato alla sua città un danno di immagine. E adesso, Alberto Di Marzo, è lui il politico, dovrà risarcire con 20 mila euro la città di Pantelleria di cui fu sindaco fino al 2012.
La Sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei conti ha confermato la condanna all’ex sindaco di Pantelleria a versare 20 mila euro al Comune per il danno provocato. I giudici contabili d’appello spiegano nella sentenza che “Il danno all’immagine deriva dalla pubblicazione della sentenza di condanna e dal clamor fori che dalla stessa è derivato e che, in conseguenza, nessun rilievo possono avere le dimissioni dell’appellante sull’entità del danno in questione”.
La sentenza d’appello conferma quanto la Corte dei Conti aveva stabilito in primo grado a marzo del 2014. «La condotta del convenuto, per la gravità dei fatti addebitatigli in sede penale, ha certamente determinato, anche in considerazione del tipo di attività da lui svolta quale capo dell’amministrazione comunale, una minore credibilità e prestigio per la pubblica amministrazione ed una diminuzione di potenzialità della sua capacità operativa, ingenerando altresì nei cittadini la convinzione di una distorta organizzazione dei pubblici poteri» scrivevano nelle motivazioni della sentenza di primo grado i giudici contabili, respingendo la tesi della difesa che sosteneva «l’assenza di prova di responsabilità sotto il profilo causale, poiché la somma di denaro scaturiva da un prestito, considerato che era totalmente impossibile nell’ambito della Pubblica amministrazione che un rapporto a tempo determinato si trasformasse a tempo indeterminato senza concorso». Poi venne fatto ricorso alla condanna, ma anche questo è stato respinto.
La vicenda risale al 22 maggio del 2012 quando Di Marzo, che era stato eletto due anni prima con la lista civica “Pantelleria libera”, era finito in manette con l’accusa di corruzione aggravata. Secondo l’accusa, aveva intascato una “mazzetta” di 10 mila euro dall’imprenditore edile di Alcamo Ernesto Emmolo per assumere con contratto a tempo determinato il figlio Dario, ingegnere idraulico, come tecnico al Comune.
Di Marzo si era dimesso il 29 maggio, all’indomani dell’interrogatorio di garanzia condotto dal gip di Marsala Vito Marcello Saladino. Il 19 luglio dello stesso anno l’ex sindaco aveva patteggiato un anno e mezzo di reclusione (pena sospesa).Per Di Marzo, però, quello della tangente non era il primo guaio giudiziario.
Dieci anni prima la sua precedente sindacatura era stata “interrotta” il 23 settembre del 2002, quando era stato arrestato con l’accusa aver compiuto estorsioni ai danni di imprenditori. In primo grado venne condannato a 3 anni e sei mesi di reclusione. In appello, però, venne assolto.