I festoni colorati sono ancora lì, nessuno ha avuto voglia di rimuoverli, in mezzo alla cenere e al nero. A Vita, 2000 abitanti, uno dei più piccoli comuni della Valle del Belice, lo scorso 13 Febbraio qualcuno ha dato fuoco al centro sociale. “Era tutto pronto per il carnevale in maschera per i bambini - spiegano i giovani dell’associazione che gestisce il locale - ma la notte prima della festa è andato tutto a fuoco”. I pompieri, venuti da Castelvetrano, per spegnere l’incendio hanno lavorato da mezzanotte fino all’alba, mentre un intero paese assisteva attonito. “Tutto fatto scientificamente - dicono - perchè i piromani hanno agito in modo da aumentare l’effetto fornace, sbarrando gli ingressi, i mobili si sono letteralmente sciolti”.
Il centro sociale di Vita è anche auditorium, biblioteca, cinema, teatro, luogo di ritrovo dei giovani, come per gli anziani. Il paese è stato colpito al cuore, come una seconda scossa di terremoto, 45 anni dopo quella che distrusse il paese vecchio che oggi non c’è più. Solo che questa volta sembra fare più male, perché a Vita non c’è nulla tranne questo centro, e petche i vitesi sanno di avere a che fare con un nemico invisibile, che agisce nell’ombra e da alcuni mesi a questa parte colpisce i membri dell’amministrazione, con un’escalation di atti intimidatori: le minacce, le lettere anonime, gli avvertimenti. Poi, a Settembre, poco prima della vendemmia, vengono recisi 3500 viti nel terreno di proprietà del vicesindaco, Baldo Accardi, con un danno di decine di migliaia di euro. I resti vengono lasciati sul campo a formare una croce.
Infine, il colpo più duro, quello della notte del 14 Febbraio al centro sociale “che per noi vitesi è tutto” spiega il Sindaco, Fillppa Maria Galifi, 65 anni, che tutti chiamano Fina. Medico in pensione, è diventata Sindaco quasi per caso, due anni fa: “Non ce l’aspettavamo neanche noi di vincere - racconta, parlando dei ragazzi che formano la sua lista civica - e da subito abbiamo cominciato a cambiare il modo di amministrare Vita, puntando sulla trasparenza, promuovendo la legalità. Lo sa che qui non si era mai organizzata una manifestazione pubblica contro la mafia? Noi siamo stati i primi”. Tante le cose messe in campo dall’amministrazione, dalla lotta all’occupazione abusiva delle case popolari che formano per intero l’abitato della Vita post terremoto , fino al recupero di una villetta confiscata alla famiglia mafiosa del luogo e che diventerà un centro studi grazie al sostegno del Cresm.
Venerdì scorso, 6 Marzo, nell’unica parte del centro sociale ancora agibile, l’auditorium, il Sindaco Galifi ha radunato la città. Parla quasi sempre con gli occhi bassi, il Sindaco, è timida, anche impacciata, ma ha le idee chiare. “Non molliamo” dice al microfono tra l’insostenibile puzza di bruciato. Rivolta ai suoi concittadini aggiunge: “Non possiamo continuare così, dovete scrollarvi di dosso la cappa di omertà, Vita non è il Far West”. E poi: “Non ho paura di morire, perchè io non mi voglio sottomettere ai delinquenti”. Ma così grave è il clima a Vita? Parrebbe proprio di si, se è vero che qualcuno ha avvicinato persone vicine al Sindaco per farle sapere che “ha un mese di vita”. Basterebbe questo per cominciare una folgorante carriera tra le starlette antimafia. Ma a Vita, tra i tanti problemi, nessuno ha manie di protagonismo.
Piuttosto il Sindaco Galifi ha un’altra paura: “Non riusciremo mai a riavere il nostro centro sociale”. I pompieri hanno stimato i danni in un centinaio di migliaia di euro, soldi che ovviamente non ha. E la Regione? “Ci ha abbandonato - sospira Galifi - perchè un piccolo Comune come il nostro non interessa a nessuno, a Palermo come a Roma”. “Hanno violato un luogo sacro”, aggiunge il giovane assessore alla cultura di Vita, Giuseppe Renda. A lui hanno rigato la macchina, qualche settimana fa. Ma gli abitanti di Vita da che parte stanno? “E’ inutile negarlo - ammette -, ci sono problemi ad esprimere solidarietà. Tante telefonate, tante mail di ma, poi, pubblicamente, nessuno parla o si espone. Hanno paura”. Paura di cosa? Renda lo chiama un “sistema”, un governo parallelo del territorio, che ha interessi dappertutto, nei rifiuti come nell’edilizia, nell’agricoltura come nella gestione dei servizi. Messo all’angolo da un Sindaco che prende 1400 euro al mese e che continua a ripetere ai suoi : non molliamo.