Dal 26 marzo sarà in libreria, in occasione del trentennale dalla strage di Pizzolungo, la storia di Margherita Asta: "Sola con te in un futuro Aprile", libro scritto a quattro mani con Michela Gargiulo e pubblicato da Fandango.
Il 2 Aprile 1985, alle 8 e 45, un’autobomba esplode a Pizzolungo, legando indissolubilmente le vite di un magistrato e di una bambina. Il bersaglio dell’attentato, Carlo Palermo, è vivo per miracolo. A fargli da scudo è la macchina su cui viaggia la mamma di Margherita, mentre accompagna a scuola i suoi fratellini di 6 anni, Giuseppe e Salvatore.
Il 2 aprile del 1985 Margherita ha soltanto dieci anni. La sua casa di Pizzolungo, a Trapani, al mattino è invasa dalla confusione allegra di Salvatore e Giuseppe, i suoi fratelli, gemelli di sei anni. Non vogliono saperne di vestirsi e Margherita non vuole fare tardi a scuola. Chiede un passaggio a una vicina. I gemelli usciranno con l’utilitaria della mamma Barbara. Nello stesso istante due macchine della scorta vanno a prendere un magistrato. Si chiama Carlo Palermo e viene da Trento, dove ha indagato su un traffico di morfina proveniente dalla Turchia. Un fiume di droga che serve a finanziare altri traffici, armi soprattutto, e che produce altri soldi, che si intrecciano col giro delle tangenti della politica. Quando Palermo arriva a sfiorare Craxi la sua indagine arriva al capolinea. Da Trento, il giudice si fa trasferire a Trapani, dove la morfina turca viene raffinata in eroina. Per continuare a indagare su mafia, massoneria e politica. Sul lungomare di Pizzolungo le auto della scorta sfrecciano, non possono rallentare e quella utilitaria con una donna e due bambini seduti dietro va troppo piano. La sorpassano. Parcheggiata sul ciglio della strada c’è una golf con venti chili di tritolo nel bagagliaio. Qualcuno preme il tasto di un telecomando. È l’inferno. Carlo Palermo viene sbalzato fuori, è sotto choc ma si salva. Di Barbara Asta e dei piccoli Giuseppe e Salvatore restano solo frammenti. Pezzi di corpi sparsi, una macchia rossa al secondo piano di un palazzo. Anche Margherita è salva: è passata in quello stesso punto un quarto d’ora prima. Quando ha saputo il suo nome, Margherita l’ha odiato quel giudice, Carlo Palermo, ritenendolo responsabile.
Ma crescendo ha voluto capire, ha iniziato a seguire il processo sui mandanti della strage. Il suo strazio non poteva rimanere un fatto privato, oggi è un’attivista di Libera. Carlo Palermo, invece, in seguito all’attentato e alle pressioni ricevute ha lasciato la magistratura. Sono riusciti a incontrarsi solo molti anni dopo, riannodando quel filo spezzato che li aveva uniti.
"Avevo sempre sentito parlare di processi, indagini, sapevo che qualcuno avrebbe dovuto pagare per quello che mi avevano fatto. Ma non avvertivo ancora il peso giudiziario e la complessità sociale di quel torto. Quando ho visto mio padre sentirsi male perché avevano assolto gli assassini di Pizzolungo, allora ho cercato di capire cosa era accaduto veramente. A quel punto lo strazio non poteva rimanere più un fatto privato. Mi sono indignata. E ho cominciato a chiedere e a cercare. Era il 1993. Sono partita dai giornali che c’erano a casa con la cronaca di quella settimana. Poi gli atti del processo, fino alla sentenza. Lì c’erano le prime descrizioni, i dettagli. La ricostruzione dell’attentato, gli effetti devastanti su mia madre e i miei fratelli. A diciotto anni ho scoperto la verità. Non mi interessavano tanto i nomi degli imputati. Ma mi batteva forte in testa sempre la stessa domanda: perché? Un decimo di secondo, neanche il tempo di avere paura. Un istante e si sono polverizzati. Bum. La prima volta che sono entrata in una aula di giustizia era il 2002. Hanno riaperto il processo ai mandanti e quelle immagini erano lì fra gli atti, sotto il mio naso. Mi sentivo in grande imbarazzo. Gli imputati erano in video-conferenza. Il PM aveva il carteggio e anche le fotografie. Le ho viste tutte, non me ne sono persa una. Giù, come uno sciroppo che fa schifo ma sai che dopo ti fa bene. Per una settimana non ho avuto la forza di uscire di casa. Il corpo di mia madre a pezzi. Il volto di mio fratello una maschera flaccida di carne. La pelle e basta. Forse ho voluto fare i conti con la mia storia. E dopo mi sono sentita più forte. Quelle foto erano quello che mi ero persa. Ora sapevo, i miei ricordi avevano altri frammenti."
Margherita Asta è nata a Trapani nel 1975. Ha perso la madre e i suoi 2 fratelli nella strage di Pizzolungo. Oggi vive a Parma, dove è referente dei familiari delle vittime di mafia per il nord Italia dell’associazione Libera. Prende parte a numerose iniziative in tutta Italia per chiedere giustizia e tenere viva la memoria dei suoi familiari, vittime innocenti della mafia.Michela Gargiulo è nata all’isola d’Elba 46 anni fa. È una giornalista freelance. Ha lavorato alla redazione milanese di RT, rotocalco televisivo di Enzo Biagi. Ha collaborato con il Fatto Quotidiano, La Repubblica e il Tirreno. Ha scoperto la Sicilia e le sue storie nel 2006 quando ha vinto il premio giornalistico intitolato a Maria Grazia Cutuli. In quell’occasione ha conosciuto Margherita Asta, a cui è legata da un affetto profondo.