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06/05/2015 06:30:00

Paceco. Contributi illeciti. Marino e liquidatori condannati a risarcire 4 milioni di euro

 La cantina sociale Rinascita di Paceco, nelle persone dei commissari liquidatori, e Vito Marino, responsabile legale all’epoca dei fatti, sono stati condannati dalla Corte dei Conti a risarcire un danno erariale di quasi 4 milioni di euro alla Regione Siciliana. E’ il filone ‘contabile’ di una maxi inchiesta sulle truffe ai danni dell’Ue e della Regione per l’ottenimento di ingenti contributi pubblici a favore della cantina. Per la precisione la somma che dovranno versare alla Regione è di 3.776.500 euro, oltre a rivalutazione monetaria dalla data in cui sono stati incassati i finanziamenti pubblici e gli interessi legali. Finanziamenti ottenuti attraverso il Por Sicilia 2000/2006, spesso al centro di maxi frodi da parte di imprenditori col vizio di falsificare fatture, dichiarare lavori inesistenti, per percepire finanziamenti pubblici. Vito Marino, 49 anni di Paceco, è figlio di Girolamo, presunto boss ucciso nel 1985 da Matteo Messina Denaro. Assieme al cugino Salvatore è accusato di essere l’autore della strage di Brescia, del 28 agosto 2006. Quel giorno l’imprenditore bresciano Angelo Cottarelli veniva trovato agonizzante presso la sua villa a Urago Mella, quartiere residenziale alla periferia di Brescia, morirà poco dopo in ospedale. Affianco a lui, i corpi già privi di vita della moglie Marzenne Topas (41 anni) e del figlio Luca (17).
I due cugini vennero accusati dell’omicidio della famiglia bresciana a causa di motivi economici.
Pare, infatti, che i due cugini si rivolgessero a Cottarelli affinché quest’ultimo, attraverso la propria società, emettesse delle fatture false per gonfiare il giro d’affari di alcune cantine siciliane al fine di ottenere fondi dalla Regione Sicilia e dall’Unione Europea. In cambio Cottarelli riceveva favori, regali ed un ritorno economico. Una truffa attorno ai 12 milioni di euro, scondo quello che hanno scoperto le Fiamme Gialle.
Purtroppo per i due cugini, però, Cottarelli aveva deciso di uscire definitivamente dal giro e di non favorire più il loro business illecito.
Questa la tesi della Procura: in cerca di una spiegazione, i due cugini si diressero verso la casa dell’imprenditore per chiarire personalmente la questione ma, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, le cose presero una piega inaspettata. A seguito di un violento diverbio tra le parti, un proiettile partì dalla pistola di uno dei due cugini uccidendo l’imprenditore bresciano; a quel punto, non restava altro che far fuori anche i familiari per evitare testimonianze scomode.
L’accusa basò la propria tesi su alcune intercettazioni telefoniche tra i cugini e Cottarelli e sul ritrovamento di residui di polvere da sparo sull’auto noleggiata dai due a Linate. A ciò si aggiunse la testimonianza di Dino Grusovin, architetto triestino, che puntò il dito contro i due imputati ed ammise di essere stato a casa Cottarelli quella mattina, ma di non aver partecipato all’esecuzione poiché legato al tavolo della cucina.
Nonostante il quadro sembri essere piuttosto chiaro, il processo che seguirà risulterà essere uno dei più controversi ed emblematici degli ultimi anni in Italia. Inizialmente assolti in primo grado nel 2008, Vito e Salvatore Marino vennero successivamente condannati all’ergastolo in appello nel 2010. Nel 2012, però, la Corte di Cassazione annullò la condanna e li proclamò innocenti. Nello stesso anno, la Corte d’Assise d’appello di Milano condannò nuovamente i due all’ergastolo.
Si arriva, così, all’ennesimo colpo di scena: in data 1 ottobre 2014, la sentenza viene annullata ancora una volta dalla Corte di Cassazione, che ha disposto un nuovo processo da tenersi ancora a Milano. “Mi sento sfiduciato, deluso e stanco. Ero convinto di essere arrivato all'ultimo atto e invece la vicenda non è finita. Dopo otto anni uno deve avere il diritto di conoscere la conclusione di un processo. In Italia non è così. Così dovremo aspettare altri anni prima di avere giustizia”. Questo il commento del fratello Mario dopo l’ennesimo verdetto.
Ora un altro filone dell’intricata vicenda, con la Corte dei Conti che ha condannato la cantina amministrata all’epoca dei fatti da Vito Marino a risarcire la Regione.
Nella sentenza i giudici contabili scrivono che era stato “costruito un sistema fraudolento attraverso società intermediarie di sovrafatturazioni relative all’acquisto dei beni e servizi ammessi al finanziamento, ma in realtà direttamente fornite dalle imprese produttrici al solo scopo di gonfiare i costi”.
La società Rinascita è stata posta in liquidazione coatta amministrativa e il finanziamento è stato revocato dall’amministrazione regionale già nel 2009, “così i commissari liquidatori hanno ammesso al passivo della liquidazione coatta amministrativa, con il rango di credito chirografario, l’importo del beneficio concesso”.
Scrivono ancora i giudici contabili che “attraverso una serie di società di comodo sostanzialmente insolventi che si sono interposte nei passaggi tra il produttore ed il reale beneficiario è stato gonfiato il valore dei beni acquistati e delle prestazioni rese attraverso false fatturazioni”.
E questa attivià, conclude la Corte dei Conti, “veniva compiuta attraverso due società interposte, la Dolma srl - di Cottarelli - e la ditta individuale Edilbrixia di Michieli Livio”.