Informativa
Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy.
Se vuoi saperne di più negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. I cookie ci aiutano a fornire i nostri servizi.
Utilizzando tali servizi, accetti l'utilizzo dei cookie. Cookie Policy   -   Chiudi
03/08/2015 06:20:00

L'intrigo di Trapani, le nuove accuse per l'ex Vescovo Miccichè. "E' inattendibile"

 Si arricchisce di un'altra pagina la vicenda che riguarda l'ex vescovo di Trapani, monsignor Francesco Miccichè, indagato per appropriazione indebita e malversazione di fondi pubblici nell'ambito di un'inchiesta che riguarda i fondi dell'otto per mille. Adesso il prelato risulterebbe indagato pure per appropriazione indebita e truffa, calunnia e stalking. Monsignor Miccichè, nei confronti del suo ex economo, don Ninni Treppiedi avrebbe mosso accuse "inattendibili" e "frutto di una premeditata strategia ispirata da fini diversi dal senso di legalità con cui Micciché ha tentato, in un primo momento riuscendovi grazie anche a testimonianze compiacenti, di accreditarsi presso l'autorità giudiziaria". Le parole dell'ex Vescovo, insomma, sono "prive di valore accusatorio". 

L'ulteriore tappa verterebbe sul provvedimento emesso dalla Procura lo scorso 16 luglio, che riguarda il dissequestro dell’ex canonica della chiesa Madre di Alcamo, venduta a tali Giuseppe Cottone e Dario De Blasi. Quella vendita era uno dei capitoli della denuncia presentata a suo tempo da monsignor Miccichè contro il suo ex braccio destro, don Ninni Treppiedi. L'ex guida della diocesi di Trapani sostenne "di avere subito una serie di raggiri da parte di don Treppiedi, di avere subito la falsificazione della propria firma su diversi atti, quella querela contribuì a fare aprire un procedimento penale contro don Treppiedi, per una serie di reati anche gravi". Insomma, Treppiedi, diceva Miccichè, aveva fatto una scansione della firma del Vescovo, per poi vendere il bene a sua insaputa. Ipotesi, però, che sembrerebbe mutata alla luce dei nuovi fatti, perchè come scrive la Procura “il quadro indiziario ha subito un notevolissimo affievolimento…le dichiarazioni del Miccichè si sono rilevate di scarsa attendibilità".

Sulla vicenda del dissequestro interviene  il legale del vescovo, l'avvocato Francesco Troia:

 "Il dissequestro non implica la chiusura delle indagini preliminari nei confronti di don Antonino Treppiedi, ma presumiamo solo la non sussistenza di quelle esigenze cautelari che avevano indotto la Procura di Trapani a sequestrare l'immobile. Peraltro è bene sottolineare che non è stata notificata a Monsignor Miccichè alcuna richiesta di archiviazione. Per quanto attiene alle ventilate contestazioni di reato a carico di monsignor Miccichè, così come viene riportato dai mass media, si rammenta che fondamento ineludibile dello "stato di diritto" è il principio del giusto processo per il quale "nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile informata, riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico". Occorre, a tal proposito, chiedersi in quale veste, nell'esercizio di quale funzione giurisdizionale o anche di deontologica informazione possa la stampa esternare le affermazioni gravi per cui "il Presule presto sarà chiamato a rispondere di una serie di reati". E' appena il caso di sottolineare che eventuali iscrizioni nel registro degli indagati di monsignor Micchichè, seguirebbero la forma, il rito e le procedure previste dal codice di procedura penale e non possono, come di fatto è accaduto, essere arbitrariamente presupposte, immaginate o minacciate da parte degli organi di stampa. Sarebbe gravemente lesivo della giustizia   e ci rifiutiamo anche solo di pensarlo, che tali ventilate e supposte ipotesi di reato venissero dagli organi preposti a fare giustizia. Inoltre, in ordine al contenuto, riportato virgolettato dalla stampa, dell'ordinanza di dissequestro emessa dal Procuratore Capo iola e dal Sostituto Di Sciuva, appare doveroso significare che, allo stato attuale, la stessa non è conosciuta dallo scrivente perchè non in suo possesso. Pertanto, ogni commento al riguardo sarebbe fuori luogo perchè allo stato è impossibile poter fornire un giudizio, non sulla legittimità ,bensi sulla bontà di tale ordinanza che, se confermata, sembrerebbe violare quei paramentri di austerità e continenza che la delicatezza della fattispecie imporrebbe. Censura, inoltre, va mossa anche alle supposte diverse e contrastanti dichiarazioni che avrebbe rilasciato monsignor Miccichè atteso che occorre distinguere l'ambito ecclesiale da quello secolare. Se infatti in un primo momento era intenzione di Miccichè arginare ed affrontare la questione solo sotto il profilo meramente canonico, senza mai dire il falso o nascondere nulla alla Procura, in un secondo momento egli ha ritenuto doveroso, perchè venutone a conoscenza, rassegnare altri e diversi fatti all'Autorità Giudiziaria. Per queste ragioni occorrerebbe aspettare l'emissione di sentenze prima di addivenire a giudizi prognostici fortemente lesivi del decoro e del prestigio di monsignor Miccichè. Invito che, qualora ve ne fosse necessità, viene rivolto anche alla Procura di Trapani che, conoscendo meglio dei sottoscritti il codice di rito, sa bene che le sentenze non le emettono i Pubblici Ministeri bensì i Giudici del dibattimento".

Alla fine anche la Curia di Trapani ha dovuto prendere posizione con una propria nota:

Avendo avuto notificato dalla Procura della Repubblica di Trapani il decreto di dissequestro di un bene immobile ad Alcamo e a seguito dell’ampio eco che tale provvedimento ha avuto nella stampa locale, la Diocesi di Trapani conferma la propria fiducia nella Magistratura. Chiarisce, altresì, che le persone della Curia Vescovile citate nel decreto - fatte oggetto di commenti di stampa - sono state sentite nel 2011 come persone informate sui fatti dagli organi inquirenti ai quali hanno offerto la massima collaborazione. Pertanto nessuna copertura o reticenza né implicita né esplicita, allora come oggi, in quello spirito di collaborazione che auspichiamo sia motivato sempre da una sincera ricerca della verità e dal reciproco rispetto Istituzionale. La Chiesa di Trapani, in preghiera alla presenza di Dio che s’immerge in ogni ferita, continua con fiducia e realismo il suo cammino nella certezza che solo la Verità rende liberi. Facciamo nostre le parole della Liturgia di oggi: “La comunione al corpo e sangue del tuo unico Figlio ci liberi, o Padre, dagli affanni delle cose che passano”.

La vicenda degli scandali alla Curia di Trapani è lunga e complicata, con colpi di scena - se possiamo chiamarli così - che si susseguono. Per capire da dove siamo partiti può esere utile leggere questa inchiesta pubblicata dall'Unità il 6 Marzo 2013. Cliccate qui per scaricarla