Matteo Messina Denaro è un parassita che gode di protezioni di alto livello. Lo ha detto il procuratore aggiunto Teresa Principato illustrando i risultati dell’operazione antimafia Ermes, che ha fatto nuovamente terra bruciata intorno al boss di Cosa nostra, latitante dal 1993. Come abbiamo raccontato ieri su Tp24.it la polizia ha arrestato 11 fiancheggiatori del capomafia latitante Matteo Messina Denaro.
L’operazione è coordinata dalla Dda di Palermo. Sono state fatte perquisizioni nelle province di Palermo e Trapani nei confronti di capi delle famiglie di Cosa Nostra trapanese e di presunti favoreggiatori del padrino latitante.
Queste le persone arrestate nell’ambito della indagine Ermes, sui fiancheggiatori del boss latitante Matteo Messina Denaro: Giovanni Loretta, 42 anni, Leonardo Agueci, 27 anni, Pietro Giambalvo 77 anni, Vincenzo Giambalvo 38 anni, Giovanni Scimonelli 48 anni, Vito Gondola 77 anni, Giovanni Mattarella 49 anni, Michele Terranova 45 anni, Sergio Giglio 46 anni, Michele Gucciardi 61 anni e Ugo Di Leonardo, 73 anni. Gondola, Gucciardi, Scimonelli, i due Giambalvo, padre e figlio, Giglio, Di Leonardo e Terranova, sono indagati per associazione mafiosa, Mattarella, Agueci e Loretta per favoreggiamento aggravato dalla modalità mafiosa, per aver agevolato la latitanza del boss mafioso Matteo Messina Denaro.
“Matteo Messina Denaro è una sorta di parassita che non tiene conto dei legami familiari, ma usufruisce dei soldi che i componenti della sua famiglia e del clan possono fargli avere” ha detto il procuratore Principato. magistrato, che ha coordinato l’inchiesta insieme ai pm Paolo Guido e Carlo Marzella, ha aggiunto: “Nonostante il territorio sia più che sorvegliato e da anni si susseguono operazioni, ancora non siamo riusciti a prendere il latitante. Questo può significare solo che gode di protezioni ad alto livello”.
“Matteo Messina Denaro non sta sempre nel Trapanese, ma si sposta dalla Sicilia e anche dall’Italia” ha aggiunto Principato. “Quando sente stringersi attorno a lui il cerchio – ha spiegato – taglia i contatti con i fedelissimi finiti sotto indagine”.
Nell’operazione antimafia Ermes, che ha portato all’arresto di 11 fiancheggiatori del mafioso latitante Matteo Messina Denaro, è stata scoperta la rete di comunicazione del boss col tradizionale metodo dei pizzini. Lo smistamento dei bigliettini avveniva in due masserie nelle campagne di Mazzara del Vallo e Campobello di Mazzara, di proprietà di due allevatori, oggi arrestati, Vito Gondola e Michele Terranova. I pizzini venivano nascosti sotto sassi.
“Le indagini escludono che sia in corso una sorta di camorrizzazione di Cosa Nostra. La mafia resta una organizzazione unitaria”. Lo ha detto il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, alla conferenza stampa sugli arresti dei fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro.
“Queste considerazioni – ha aggiunto – non escludono che ogni mandamento e ogni provincia possano anche curare i propri interessi, ma le decisioni sono prese collettivamente”.
“Gli 11 arrestati nell’ambito dell’inchiesta sui favoreggiatori del boss Matteo Messina Denaro non sono semplici tramiti con il capomafia, ma ricoprivano ruoli di vertice nelle cosche trapanesi”: lo ha detto il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi. “Non bisogna farsi trarre in inganno dal fatto che fossero semplici allevatori – ha spiegato il procuratore aggiunto Teresa Principato – si tratta di fedelissimi di Messina Denaro, alcuni dei quali già arrestati in precedenza, con un peso all’interno dell’organizzazione”. Il procuratore ha anche sottolineato le particolari tecniche investigative utilizzate nell’indagine. “L’inchiesta – ha detto – si è avvalsa di metodologie molto sofisticate”.