Per i rifiuti si paga una tassa. Una tassa salatissima, a fronte di un servizio che funziona poco e sul quale indaga la magistratura. La tassa si chiama Tari, prima si chiamava Tares. E' un'imposta comunale. A Marsala dovrebbe coprire, fatti salvi gli evasori (quasi la metà dei cittadini), circa 15 milioni di euro di costo della raccolta dei rifiuti. Per incassare la tassa il Comune di Marsala ha pensato bene di non farlo con il proprio personale, ma con una società esterna, l'AIPA, che per questo servizio si becca di aggio, cioè di percentuale sull'incasso, circa 600.000 euro l'anno, con una percentuale del 3,2% sul gettito ordinario. Un servizio anche questo che funziona poco: cartelle pazze o che arrivano in ritardo,importi spesso calcolati male, e lunghe code che si formano negli uffici di Via Verdi, a Marsala, quando arrivano a casa le fatture della società ai cittadini marsalesi. Dal 2014 l'Aipa ha il 3,2% sull'ordinario e l'11% sull'accertato (imposte che erano state evase, dichiarazioni mendaci, fabbricati non dichiarati).
L'Aipa incassa i soldi, li trattiene, e li versa ai Comuni. Almeno sulla carta. Perchè al Comune di Marsala non sanno che in realtà Aipa è al centro di un grosso scandalo, scoppiato in Lombardia. Non ha mai versato nelle casse di 400 città lombarde i soldi delle imposte, e lo scorso Luglio è stata colpita da un sequestro di 4 milioni di euro. Una montagna di soldi destinata alle casse pubbliche di circa 400 Comuni della Lombardia ma mai arrivata a destinazione. Nei guai, dopo le indagini della Guardia di Finanza di Lecco coordinate dalla magistratura della Corte dei Conti, è finita proprio la società Aipa SpA, specializzata nella riscossione di tributi per conto di pubbliche amministrazioni. Il periodo finito sotto la lente d’ingrandimento delle fiamme gialle è compreso tra il 2008 e il 2013. Il giudice contabile ha disposto il sequestro conservativo per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro nei confronti dei presunti responsabili della sottrazione dei tributi che dovevano rimpinguare le casse di centinaia di Comuni.
In particolare il provvedimento del giudice, che ha così accolto la richiesta del pm della magistratura contabile per la Lombardia, oltre a colpire Aipa in quanto società, ha colpito anche le diverse persone fisiche ritenute responsabili, tra le quali anche l’ex presidente della società, Daniele Santucci.
Aipa è specializzata nell’accertamento e nella riscossione dei tributi degli Enti locali, come, per esempio, l’Imu, la Tarsu, le multe per violazioni al codice della strada, le imposte comunali sulla pubblicità. Ammonterebbero a diversi milioni di euro i tributi versati dai contribuenti ad Aipa ma mai arrivati ai Comuni. In pratica, secondo l’accusa della procura contabile, parte dei versamenti che arrivavano sui conti correnti nella disponibilità dell'azienda e di diverse persone non venivano contabilizzati e quindi non venivano mai dirottati agli Enti che ne avevano diritto.
Tra le vittime di questo presunto enorme danno erariale non ci sarebbero solo 400 Comuni della Lombardia ma altre centinaia di Enti locali di altre regioni italiane. L’inchiesta, quindi, è destinata ad allargarsi e tutti gli atti d’indagine sono stati trasmessi alle varie procure contabili competenti per territorio. Si parla di circa ottocento Comuni italiani per i quali ha operato la società Aipa nel periodo oggetto d’inchiesta. Le indagini coinvolgono anche diversi amministratori pubblici: infatti, sarà necessario capire perché alcune amministrazioni, visti i gravi ritardi, non abbiano attivato le procedure necessarie per escutere le cifre mai corrisposte agli enti locali. Le imposte sarebbero dovute entrare nelle casse dei Comuni, ma - secondo l’accusa - restavano alla società di riscossione. E a Marsala? Quei soldi sono mai arrivati?
La vicenda tra l'altro non è nuova, perchè già nel 2012, in Sicilia, il Comune di Favara, ad esempio, ha sollevato l'Aipa dal suo incarico per gravi irregolarità. Con la delibera di Giunta municipale numero 117 del 06 settembre 2012, il Comune di Favara ha chiuso ufficialmente il contratto che lo legava alla società Aipa per la gestione del servizio di accertamento, liquidazione, riscossione delle entrate tributarie comunali, del servizio di lettura dei contatori, della bollettazione e della riscossione dei canoni idrici. I motivi che hanno spinto l’amministrazione a sollevare l’Aipa dall’incarico sono le gravi irregolarità che la società avrebbe commesso, creando danni da una parte alle casse comunali, dall’altra maggiorazioni nelle bollette dei contribuenti.
Un altro particolare: per la Guardia di Finanza sarebbe opportuno capire perché non siano state attivate le garanzie (polizze fideiussorie ) che gli enti locali avrebbero potuto escutere, stante i gravi ritardi, le omissioni e le irregolarità commessi da Aipa negli appalti di riscossione. A Marsala che tipo di garanzie ci sono rispetto a queste truffe? Nella nostra città la riscossione dell'ordinario viene fatta con F24, quindi avviene direttamente al Comune. Lo straordinario, invece, viene versato dagli utenti ad Aipa su un conto corrente bancario e dopo girato al Comune. Ma dopo quanto tempo?
Proprio qualche giorno fa è stato condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione l'ex dominus di Aipa Daniele Santucci. In cinque anni avrebbe intascato, facendoli confluire sui suoi conti, circa 3,7 milioni di euro di tasse sulle affissioni pubblicitarie che avrebbero dovuto finire nelle casse di una sessantina di Comuni, da nord a sud. La condanna è per peculato continuato. Santucci, secondo l'accusa, tra il 2009 e il febbraio del 2014, quando era amministratore di Aipa, avrebbe girato 3,7 milioni di euro su due conti a lui riconducibili per le sue esigenze personali e per quelle della sua famiglia. E così facendo una sessantina di Comuni, tra cui Bologna, Pescara, Bari, Brescia e Paderno Dugnano (Milano), non avrebbero incassato parte delle imposte che spettavano loro per le affissioni. Le amministrazioni comunali, invece, non si sono accorte per anni delle imposte non versate, perché già incassavano da Aipa un canone fisso o un minimo di entrate garantite, mentre il surplus pagato dagli inserzionisti per gli spazi finiva, secondo l'accusa, nelle tasche di Santucci, 65 anni.