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12/10/2015 06:40:00

Bulgarella story, da Trapani alla conquista della Toscana. "Io, vittima della mafia..."

 Andrea Bulgarella, imprenditore di Trapani, 69 anni. La sua fortuna l’ha costruita in Toscana. Diceva che era arrivato lì perchè era stanco di sottostare alla prepotenza della mafia, voleva essere libero, fare impresa, creare sviluppo. Ma, stando a quanto sostiene la procura antimafia, in realtà con Cosa nostra Bulgarella aveva rapporti buoni, e addirittura gli investigatori sostengono che il costruttore trapanese è legato a Matteo Messina Deanro. Quell’aurea di paladino della legalità per Bulgarella, diploma di geometra, tre esami alla laurea in ingegneria, si sgretola nella rappresentazione, fatta dai carabinieri del Ros, della sua ascesa imprenditoriale finanziata dalle banche alle quali non sempre ha restituito i prestiti ottenuti.

Andrea Bulgarella

Nell’inchiesta della Dda di Firenze, avviata nel 2013 e diretta dai sostituti procuratori Alessandro Crini e Angela Pietroiusti, il costruttore siciliano che a Pisa ha fatto fortuna, è indagato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all’appropriazione indebita con l’aggravante mafiosa e in concorso l’impiego di denaro di provenienza illecita. Tra gli indagati anche il vice presidente di Unicredit, Fabrizio Palenzona, che respinge ogni accusa, a cui vengono contestati reati finanziari, con l’aggravante di aver agevolato clan mafiosi. Due anni di intercettazioni telefoniche con decine di persone registrate nelle conversazioni con l’imprenditore.

Il legale di Bulgarella, l’avvocato Giulia Padovani, annuncia ricorso al Tribunale del Riesame contro il provvedimento di sequestro di documenti bancari effettuato  dai carabinieri nel corso delle perquisizioni svolte nei confronti di dieci indagati e quindici tra professionisti e manager di istituti di credito. «Il mio assistito si dichiara completamente estraneo ad ogni addebito – afferma in una nota il legale –. In particolare, precisa con forza che non ha mai avuto alcun contatto con nessun gruppo associativo criminale, men che meno di stampo mafioso. Tanto si doveva a quanti conoscono il Gruppo Bulgarella e ripongono fiducia dell’attività dello stesso. Per quanto riguarda il merito della vicenda, l’indagato è sereno e provvederà a difendersi presso le sedi competenti».

Bulgarella

Per gli inquirenti «la recente attività di indagine svolta a partire dal marzo 2013 nei confronti di Andrea Bulgarella, ha consentito di verificare che costui, pur avendo spostato in Toscana il baricentro dei suoi interessi imprenditoriali, non ha reciso affatto i rapporti con soggetti variamente interessati sia per rapporti parentali che per vicende processuali, alla “Cosa Nostra” trapanese, mantenendo viva una serie di relazioni che Bulgarella, pur consapevole della loro pericolosità, deve in qualche modo alimentare in quanto indissolubile retaggio della sua vicinanza al contesto mafioso della Sicilia occidentale che gli ha consentito di trarre le risorse economiche investite in Toscana». Uno degli agganci è Luca Bellomo, nipote acquisito di Messina Denaro, la cui società ha fornito gli arredi di un albergo, Abitalia, a Viareggio.

C’è anche il pentito Giovanni Brusca, sentito dai magistrati il 17 marzo 2014, a inguaiare l’imprenditore riferendo che un «Bulgarella, lontano parente di Puccio Bulgarella, forse cugino di 1° o 2° grado, era un uomo a disposizione di “Cosa Nostra”. Antonio Cascio, ormai deceduto, dopo essere divenuto collaboratore di Giustizia, il 19 settembre 2001, rispondendo a specifica domanda ai pm in merito ad imprenditori “vicini” a “Cosa Nostra” operanti nella zona di Trapani, ha fatto riferimento anche all’imprenditore Andrea Bulgarella».

 

bulgarella

 

 

 

 

 

 

 

Se in Sicilia Bulgarella, secondo l’accusa, è cresciuto partendo dall’azienda del padre grazie al sostegno della mafia e della politica contigua a “Cosa Nostra”, in Toscana il suo baricentro sono state le relazioni con le banche. A fine 2014, i debiti delle sua galassia societaria erano arrivati a 150 milioni di euro, di cui 60 solo con Unicredit.

A Pisa lo sviluppatore immobiliare trova una sponda in Vincenzo Littara, 73 anni, ex dominus del sistema bancario pisano e non solo, indagato anche lui per appropriazione indebita in concorso con l’aggravante mafiosa. Ultimo incarico alla direzione generale alla Banca di Credito Cooperativo di Cascina, commissariata nell’ottobre 2014 anche per le operazioni spericolate consentite all’imprenditore trapanese.

«È uno potente» confida Bulgarella al telefono con un amico riferendosi a Littara in odore di massoneria. «L’evocata appartenenza alla massoneria di Vincenzo Littara peraltro come “capo”, si segnala da un appunto presente agli atti dell’Arma del comando provinciale di Pisa, dal quale emergerebbe la sua presenza in elenchi della “Loggia Hiram” del “Grande Oriente d’Italia» sottolineano gli investigatori che aggiungono, nel dare la giusta sfumatura ai rapporti tra i due, che «Vincenzo Littara ha offerto tutto il suo massimo appoggio per avallare scoperture ed operazioni rischiose sui conti accesi presso la Banca di Cascina intestati a società del Bulgarella Andrea, dal quale ha ricevuto dei soggiorni gratis, anche per familiari e amici presso le strutture alberghiere del gruppo in Sicilia».

 

 

Per la Dda è proprio grazie alla compiacenza di alti vertici di banche (Banca Credito Cooperativo di Cascina ed Unicredit) creditrici delle società del Gruppo Bulgarella, che l’imprenditore è riuscito ad ottenere indebitamente svariati finanziamenti, agevolazioni e benefici vari, «resi possibili in palese violazione della normativa bancaria con operazioni anomale e non trasparenti». Negli ultimi mesi gli incontri con Littara si svolgevano in un bar a Pisa e per telefono preferivano non parlare. L’estromissione della banca di Cascina aveva privato l’ex dirigente di un meccanismo sul quale gli ispettori di Bankitalia avevano puntato i fari trovando irregolarità gravissime. È l’8 gennaio scorso quando Bulgarella, dopo aver composto un numero telefonico che squilla però senza ricevere risposta, conversando con un uomo che gli è vicino, «dice di aver parlato con Littara e che non si possono più prendere i soldi dalla Svizzera».

Strade e alberghi, ma anche trasporti marittimi e costruzioni residenziali .Andrea Bulgarella è cresciuto a pane e mattone. Per lui è un vanto alimentato da una storia familiare-imprenditoriale iniziata nel 1902 con il nonno, da cui ha preso il nome. Un uomo del fare che ha voluto celebrare la sua concretezza con una pubblicazione agiografica dal titolo “Da oltre cento anni costruiamo il futuro”. Una crescita esponenziale quella di Bulgarella da quando negli anni Novanta lascia Erice e la Sicilia per stabilirsi a Pisa.

Il portafoglio immobiliare messo insieme con operazioni spesso a debito (non ripagato) ha una localizzazione geografica che spazia sull’intero territorio nazionale con almeno 3.000 persone occupate tra dirette e indotto. L’imprenditore è stato sempre accompagnato da un alone di mistero sulla presunta vicinanza a “Cosa Nostra”, ma più per un’equazione socio-geografica d’accatto che per riscontri certi. L’indagine della Dda di Firenze cerca ora di portare quelle prove che metterebbero in relazione l’espansione sprint di Bulgarella con i buoni uffici della mafia. Tanto mattone in giro per l’Italia, ma scarsa liquidità in cassa. È sempre stata questa l’immagine di uno sviluppatore immobiliare che è stato presidente del Trapani calcio e per un breve periodo nel 2008 anche socio di Leonardo Covarelli nel Pisa.

 

 

 

 

 

Bulgarella  

 

Bulgarella ha costruito molto a Pisa. Sono in corso i cantieri Frati Bigi e nella colonia Vittorio Emanuele II a Calambrone. Il Tower Plaza sul viale delle Cascine a Pisa è uno dei gioielli del suo patrimonio. Qualcosa non è andato in porto. Le Torri a Cisanello restano un pugno nell’occhio. Uno scheletro che resterà associato al nome del costruttore. Una iattura per chi può dirsi orgoglioso di un impero tra hotel (almeno 25), residence nel settore turistico e società marittime che copre tutto lo stivale. L’inchiesta turba anche l’amministrazione. Il sindaco Marco Filippeschi distingue il perimetro temporale dell’azione di Bulgarella. E afferma: «Purtroppo mi pare un’indagine molto seria. Durante la mia amministrazione non ci sono state nuove iniziative da parte sua. Anche le previsioni edificatorie delle due Torri erano già evidenti dagli inizi degli Duemila. Ora siamo preoccupati per le opere che rischiano di rimanere incompiute a partire proprio dalle Torri. Esprimiamo piena fiducia nella magistratura». Nel 2000 in aula a Trapani Bulgarella fu testimone in un processo di mafia: «Nessuno chiede di pagare il pizzo ad uno che nel 1985 denunciò gli appalti pubblici falsi della provincia. A voce alta ho sempre detto che continuerò a lavorare solo fino a quando resterò un uomo libero». L’imprenditore confermò di aver subìto una serie di attentati che lo indussero a trasferire le proprie attività in Toscana. «Volevo cambiare le cose ma, purtroppo, non ho avuto l’appoggio delle istituzioni – disse –. Nel 1990 trovai 50 kg di dinamite all’ingresso della mia abitazione. Sono rimasto libero ma ho pagato un caro prezzo: la mia impresa edile non effettua più lavori pubblici». Nel 2005 in un’intervista concessa alla trasmissione Rai, Report dal titolo “La mafia che non spara”alla domanda della giornalista se avvertiva il peso della mafia sul suo lavoro rispose: «Lei non mi può fare questa domanda perché è una cosa lunga, una cosa che possiamo perdere giornate. Ma io non l’ho mai sentito il peso della mafia».