Paute (Ecuador) 31 ottobre 2015 - E'già passato più di un mese da quando ho lasciato l’Italia per il mio ritorno in Ecuador e oggi, si conclude il mese missionario, mese che deve aiutare tutti i battezzati a una vera conversione missionaria. Missione non è solo andare, lasciare la propria terra, andare lontano; missione è uno stile di vita, è vivere il Vangelo con uno sguardo e un cuore proteso verso i lontani, quelli che stanno al margine della strada in qualunque posto tu ti trovi.
In questa mia prima lettera, desidero condividere con voi le mie prime emozioni e impressioni del mio ritorno in questa bella terra latino americana: Sentirsi a casa, l’accoglienza e la gentilezza della gente ti fanno sentire uno di loro, certamente la diversità culturale rimane, ma posso dire che mi sono sentito accolto dal primo momento che ho messo piede all’aeroporto di Guayaquil dove mi aspettava Padre Vicente per andare a Cuenca, la mia nuova destinazione come chiesa locale cui presterò il mio umile e semplice servizio di sacerdote. I miei 12 anni in Italia sono serviti per far crescere la comunione profonda tra me e questa gente, oggi posso dire che è: un’opportunità di dialogo e interscambio tra questa Chiesa e la nostra di Mazara, essere assieme Chiesa nel mondo intero.
La gioia di vedere un paese in crescita, nonostante le difficoltà che ci sono in questo momento per la crisi mondiale, ma soprattutto per quanto riguarda la crisi del petrolio che impoverisce maggiormente questo paese. Strade, edifici educativi, di salute e infrastrutture sono cresciuti e migliorate di tanto, c’è un’attenzione maggiore alla classe popolare con un governo di sinistra; le lamentele ci sono sempre, abbiamo un presidente molto autoritario, ma con buone prospettive di una società più equa e giusta. Tanto si è fatto ma tanto c’è ancora da fare.
La gioia di far parte di una chiesa semplice e povera che sta in mezzo alla gente, una chiesa dove laici e pastori condividono uno stesso progetto: la costruzione del Regno di Dio. Progetto portato avanti da un camminare a gomito a gomito nelle comunità e tra le comunità, con un parlare accessibile a tutti; niente discorsi preparati a tavolino o da esperti, tutto lavoro e sacrificio della gente con le assemblee cristiane, veri luoghi dello Spirito. Nella parrocchia dove adesso condivido il mio servizio pastorale ogni mese c’è un consiglio pastorale e un’assemblea parrocchiale, non si tratta di programmare, si tratta di vivere la comunione dove il Sacerdote è uno della comunità con il metodo di vedere, discernere, attuare e celebrare in un clima di preghiera e di fede. La visita di Papa Francesco ha lasciato un grande entusiasmo di essere chiesa in uscita; qui le missioni popolari, iniziando dai gruppi giovanili, sono all’ordine del giorno nelle varie parrocchie. Molti mi chiedono: "ma che fai?", niente di speciale o di grande, cerco di essere sacerdote in mezzo a un popolo e in una comunità concreta di Paute (Cuenca Ecuador). La parrocchia dedicata a San Giuseppe è un grande territorio con otto centri comunali, occupa una superficie de 261.43 Km² con una popolazione di venticinque. 494 (censo 2010). Ci sono due tipi di migrazione, una già da anni verso gli Stati Uniti e gli Stati Europei, l’altra è l’arrivo di Peruviani nelle coltivazioni di fiori o nel settore agricolo e costruzione; immigrazione ed emigrazione contemporaneamente.
Molto forte è la religiosità popolare e le varie tradizioni religiose che la chiesa vede come un’opportunità di evangelizzare e di valorizzazione della propria cultura; in tutto questo c’è la fede grande nella misericordia e provvidenza di Dio, una vera Teologia del popolo e con il popolo. Ci sono più di cinquanta comunità, ognuna con la propria chiesetta e con le proprie feste; ogni comunità ha una vera e propria organizzazione laicale e ministeriale, in ogni comunità sono impegnati almeno un minimo di cinque a dieci agenti di pastorale, con diversità di ministeri e con tanta voglia di formazione; gli incontri di formazione non mancano e sono partecipati dalla maggior parte delle persone.
Concretamente io accompagno le comunità nella liturgia: la Santa Messa, i sacramenti e soprattutto benedire che è la cosa più bella; tutti chiedono, dal bambino appena nato agli anziani, “Padrecito su bendiciòn”. Per me è un periodo di ascolto e di mettermi in ginocchio per contemplare le meraviglie che Dio ha fatto e continua a fare in mezzo a questa gente, imparare da loro che sono i miei veri maestri; non sono venuto a fare, a cambiare, a mettere a posto con la bacchetta magica tutto, come sappiamo fare noi preti, ma a crescere nellerelazioni umane, incontrare la gente, visitare le loro famiglie e soprattutto condividere la vita.
Dio non si manifesta nelle sacrestie, negli armadi delle nostre chiese, o nella teologia che ci hanno insegnato all’università, ma nel cuore delle persone semplici e umili che Dio mette accanto a noi.
Non sono parroco, non ho titoli o incarichi particolari, solo vivo la provvisorietà di un missionario, con lo zaino e i sandali sempre pronti a camminare per le strade del mondo e portare la buona notizia; questa è missione, questa è la gioia della mia vita. In questo mese ho visitato almeno venti comunità. Ma devo fare conto anche con la mia salute, che grazie a Dio, in questo momento non posso lamentarmi, il corpo si deve adattare a circa 2.400 metri di altezza con vette anche più alte, anche se la città di Paute, dove risiedo, è una valle attraversata da un grande fiume, circondata da molto verde, con un clima mite e sano.
Vedere, ascoltare e servire sono le parole che mi guidano in questo momento, non avere fretta nel fare e camminare con le scarpe della gente, con il loro ritmo, in fondo non sono io che deve agire ma lo Spirito di Dio in me. Chiedo al Signore, che mi permette che questa esperienza missionaria, possa aiutarmi a essere al servizio di una chiesa sempre più fraterna e partecipativa, nella comunione che richiede una conversione continua e di un cambio radicale.
Dimenticavo: che non ho trascurato e seguo con attenzione, anche se a otto ore di autobus (circa 550 chilometri) attraversando tutte le Ande, la Fraternità Universitaria Santa Maria del Paradiso di Pomasqui - Quito, dove studiano sette giovani universitari accompagnati da un volontario cileno, progetto che molti di voi sostengono, per mezzo dell’Associazioni Amici del Terzo Mondo, a distanza, con cene e pizziate di beneficenza. Inoltre, continuo a coordinare le poche Adozioni a distanza di Limones.
Vi chiedo di pregare per me e vi abbraccio e vi saluto nel Signore della Vita, per costruire così una Chiesa viva e dinamica, con la vitalità dello Spirito santo in una continua conversione per essere strumento di giustizia e di solidarietà.
Padre Enzo Amato