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25/11/2015 06:57:00

Mafia a Trapani, il caso Mazzara /4: tutte le connessioni con Cosa nostra

 «Questo processo è la cronaca di una sentenza annunciata». E' questa la sintesi delle arringhe difensive esposte durante l'ultima udienza del processo che vede Michele Mazzara imputato dinanzi al tribunale di Trapani. L'accusa è nota: intestazione fittizia di beni con l'aggravante di aver agevolato la mafia. Coimputati nel procedimento sono Francesco Spezia ed Antonella Agosta (vedi prima parte). I due, secondo gli inquirenti, avevano agevolato Mazzara ad aggirare la tempesta di sequestri e confische operati dalle sezioni Misure di prevenzione.
Il primo link tra Mazzara e la mafia è datato 1999. E' una sentenza di patteggiamento per aver «agevolato l'associzione mafiosa offrendo disponibilità ad un latitante». E' questo il momento che avvicina più di ogni altro, Mazzara a Cosa Nostra. Da allora l'archivio giudiziario di «U' Berlusconi di Dattilo» si è arricchito di fascicoli investigativi. Documentazione che raccoglie tutte le connessioni Mazzara-mafia. Ma non solo. Tra i tanti «contatti» sviluppati spiccano una serie di nominativi riconducibili alla categoria dei colletti bianchi. Professionsti rinomati nel territorio trapanese che di tanto in tanto saltano fuori tra gli affari di Mazzara a cui nel giugno scorso sono stati confiscati beni per un valore di 25 milioni di euro.
Il provvedimento ha colpito anche la moglie Giuseppa Barone ed il cognato Sebastiano. A leggere l'elenco dei beni intestati direttamente a «U' Berlusconi di Dattilo» spiccano 2 appartamenti, un'unità immobiliare e 60 terreni. Poi c'è l'elenco dei contibuti Agea, l'agenzia per l'erogazione dei contibuti agricoli. Oltre 190 mila euro tra il 2001 ed il 2010. E' questo il periodo in cui emerge la più forte sperequazione (differenza tra entrate ed uscite) che porta il volume d'affari da 25 mila euro a 843 mila. Poi ci sono le partecipazioni societarie, fino ad arrivare al noto hotel Panoramic di San Vito lo Capo.
Nella scorsa puntata è emerso il nome di Salvatore Alestra, ex direttore generale dell'Ato (società di gestione dei rifiuti) e attualmente imputato dinanzi al tribunale di Marsala per il reato di traffico illecito di rifiuti e corruzione. I due – secondo gli investigatori – parlavano di politica (per influenzarla), ma il contatto documentale è rappresentato dalla compravendita di un terreno a Paceco in contrada Misiligiafari. Mazzara lo comprò da Alestra. «Mazzara - dichiarò l'ingegnere Alestra - lo conosco da tempo con lui ho soltanto un rapporto di frequentazione certamente non assidua, ma non abbiamo alcun interesse in comune e qualsiasi tipo di attività mafiosa mi vede completamente estraneo».
Poi c'è il notaio Francesco Di Natale, di cui si è parlato in aula durante il processo in corso. Il primo contatto tra i due è datato 2000 e riguarda la società «Bacco Vini srl». Fu lui ad occuparsi della costituzione e di tutti i cambi di asset societari (Mazzara vendette le suo quote a dei prestanome per ottenere un finanziamento, continuando a gestire la società ) e fu lui a redigere l'atto di costituzione della Spefra. A un certo punto, in una delle riunioni Mazzara sarebbe comparso nel suo studio. «Ad indicarmi il notaio Di Natale fu Mazzara – disse Spezia – che in realtà me lo propose assieme ad altri nominativi. Forse partecipò ad una delle riunioni». La circostanza venne confermata in aula dal commercialista Giuseppe Mazzara (nessuna parentela). Scorrendo la lista dei professionisti spunta perfino il nome dell'avvocato Gino Bosco, legale del senatore trapanese di Forza Italia Antonio D'Alì, che si è occupato della compravendita di un terreno acquistato da Mazzara. Il legale disse di averlo ricevuto su indicazione proprio del notaio Di Natale, ma il nome di Mazzara nel frattempo si è intersecato proprio nel processo che vede imputato il senatore Tonino D'Alì. L'imprenditore avrebbe tentato di «agganciare» il politico per «indurlo a permettere la realizzazione di un documentario sulla mafia da trasmettere su una emittente locale». E qui scatta l'ultimo passaggio dell'approfondimento su «U' Berlusconi di Dattilo», quello sui contatti politici.
Una scansione orizzontale che offre un quadro sintomatico. Soprattutto sull'avvicinabilità della politica locale. «Non ho mai avuto modo di interessarmi di produzioni televisive – ha detto in aula Mazzara -, gli interessi politici sono chiari in dei territori piccoli come Buseto o Paceco, ma non mi sono mai interessato di politica». Di politica, secondo gli investigatori, ne parlava con Filippo Coppola ed Alestra («Non mi sono interessato delle elezioni al comune di Paceco», dice), ma l'argomento è entrato in aula attraverso Antonella Agosta (anche lei imputata) che nel 2008 venne eletta al consiglio comunale di Buseto Palizzolo con una lista civica, a sostegno del candidato sindaco Luigi Gervasi, poi eletto. Poco dopo la donna divenne vicepresidente del consiglio comunale. «Poi fui costretta a dimettermi. La Spe.fra ottenne dei lavori a Buseto - ha detto in udienza - allora vennero a dirmi che il mio ruolo era incompatibile con quell'appalto e lasciai l'incarico di consigliere comunale. La candidatura – aggiunse – mi fu proposta direttamente dal sindaco che mi venne a trovare a casa. Mazzara non ebbe niente a che vedere con il mio percorso politico». E' il pm Andrea Tarondo a parlare di una partecipazione diretta dell'imprenditore, citando un informativa del 2 giugno 2008. I due «dopo essere entrati in piazza si mettevano davanti al sindaco Luca Gervasi».
«Io non mi sono mai interessato di politica. Ho conosciuto personaggi politici. Ho conosciuto Giuseppe Maurici, lui è venuto a Dattilo, non ricordo se per le elezioni provinciali o comunali. Conoscevo Enzo Novara, sindaco di Paceco che era anche mio medico curante. Il senatore D'Alì lo conosco. Se non sbaglio erano assieme con Peppe Maurici che era candidato. D'Alì mi fu presentato da Maurici. Bartolo Pellegrino l'ho visto qualche volta in televisione». Per adesso il racconto su «U' Berlusconi di Dattilo» si ferma qui. Domani sarà emessa la sentenza nel processo che lo vede imputato e che ha fornito lo spunto per questo approfondimento. Una storia rappresentativa della realtà trapanese. In attesa del prossimo capitolo.

Marco Bova

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