Due donne marsalesi, madre e figlia, hanno presentato in Procura una querela/denuncia che potrebbe avere l’effetto di far allargare l’indagine avviata dai carabinieri sul 52enne infermiere Maurizio Spanò, che lo scorso 15 marzo è stato posto agli arresti domiciliari con l’accusa di violenza sessuale aggravata. Teatro dei presunti abusi (alcuni filmati dalle telecamere piazzate dagli investigatori) è stato lo studio medico privato del noto gastroenterologo Giuseppe Milazzo, presidente nazionale dell’Aigo. Qui, Spanò avrebbe usato violenza sessuale diversi pazienti anestetizzati per essere sottoposti ad accertamenti diagnostici piuttosto dolorosi. A far scattare l’indagine, a fine febbraio, è stata una donna che si sarebbe accorta di quanto le stava accadendo mentre iniziava a svanire l’effetto dell’anestetico. Per questi fatti, il dottor Milazzo non è indagato. Dall’indagine, infatti, è risultato all’oscuro di tutto. L’infermiere avrebbe agito quando Milazzo, effettuato l’accertamento diagnostico, usciva dalla stanza e le vittime (tra queste, anche un uomo) erano ancora in stato di torpore. Le due donne che hanno presentato l’esposto in Procura, però, se la prendono anche con il medico. Anche se non per fatti di natura sessuale. Madre e figlia (i 47 anni e 22), infatti, nella denuncia affermano di essere state entrambe sottoposte ad accertamenti (gastroscopia e colonscopia) tra settembre e ottobre 2015 e che l’anestesia è stata effettuata dall’infermiere “in assenza del medico”. Quest’ultimo, scrivono nella querela, “interveniva solo quando la paziente era stata anestetizzata ed usciva dalla stanza una volta completato l’esame”. Poi, la paziente rimaneva sola “con l’infermiere che spegneva la telecamera che permetteva di assistere all’esame dalla stanza in cui l’accompagnatore attendeva l’esito”. In entrambe le occasioni, denunciano le due donne, l’infermiere “si rifiutava di permettere l’accesso dell’accompagnatore”. Ad assistere le due donne è l’avvocato Vincenzo Forti, legale anche di altre persone (o loro familiari) vittime di casi di “malasanità”.