Il giudice delle udienze preliminari Annalisa Amato ha assolto (“perché il fatto non sussiste”) una donna marsalese di 41 anni, G.C., dall’accusa di molestie telefoniche all’ex marito. Era stato quest’ultimo (A.A., di 51 anni), dopo la separazione consensuale, avvenuta nel 2014, a sporgere querela contro la donna, dichiarando che questa gli aveva inviato diversi sms con contenuti “minacciosi” e “ingiuriosi”. E comunque “persecutori”. L’uomo ha affermato che in questi messaggi arrivati sul suo telefono cellulare, ma anche a quello in uso al figlio di 10 anni a lui affidato, l’ex moglie minaccia di raccontare ai figli che il loro nonno paterno aveva accoltellato la moglie e che inoltre aveva avuto una figlia con un’altra donna. E inoltre che il loro padre spesso non andava al lavoro ed era “coperto” dalla sua capo ufficio. Tutti fatti “non veri” dice l’uomo. Dopo la denuncia, la Procura incarica i carabinieri di controllare i tabulati telefonici e dopo l’accertamento scatta un decreto penale di condanna. La donna si rivolge, quindi, all’avvocato Giacomo Lombardo, che propone subito opposizione al decreto penale di condanna e davanti al gup Annalisa Amato chiede il processo con rito abbreviato. Davanti al giudice, il legale sottolinea che dai tabulati telefonici non si evince il contenuto degli sms. Come si fa, quindi, a stabilire se la donna ha davvero minacciato e ingiuriato il marito? Non c’è prova di ciò. Inoltre, precedenti sentenze stabiliscono che quando telefonate o sms sono finalizzati ad “esercitare il diritto di genitore” non c’è reato.