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07/06/2016 14:30:00

Santa Ninfa, dichiarazione con cinque giorni di ritardo e una multa da tremila euro

 Un pensionato settantenne di Santa Ninfa, G.D.S. le sue iniziali, si è visto notificare nei giorni scorsi, da parte dell'Agenzia delle entrate, un atto di contestazione per violazione delle norme tributarie. La ragione? Avrebbe ritardato nel presentare al Catasto la cosiddetta dichiarazione «Docfa» (si tratta di una dichiarazione per la costruzione di unità immobiliari). Per meglio dire a ritardare sarebbe stato il professionista incaricato dal contribuente di presentare la dichiarazione: trattandosi di un atto complesso sono infatti consulenti, periti edili, ingegneri e architetti ad occuparsi - su delega del cliente - di questo tipo di incombenze.
Cose che succedono, si dirà. Anche perché, dalla lettura dell'atto di contestazione, si evince che il ritardo è di appena cinque giorni. «La dichiarazione - spiega G.D.S. - andava presentata entro il 7 gennaio 2012, entro un mese dalla data nella quale l'immobile è diventato abitabile; il professionista da me incaricato l'ha presentata il 12 gennaio». Il contribuente non s'è preoccupato più di tanto del ritardo, trattandosi di una inezia e dal momento che, in casi del genere, la sanzione è di poche decine di euro; a volte (si pensi ad esempio al ritardo di pochi giorni nelle dichiarazioni previdenziali), addirittura di pochi euro. L'amara sopresa si è però materializzata pochi giorni fa. Un messo gli notifica l'atto di contestazione. Il solerte funzionario dell'Agenzia delle entrate che lo ha "stanato" cita, nel suo "papello", un regio decreto del 1939 e gli chiede la bellezza di 3.104 euro. Una sberla vera e propria, mitigata appena dalla promessa di riduzione ad un terzo (poco più di mille euro) in caso di pagamento della sanzione entro sessanta giorni. In realtà fino al 2011 le sanzioni per questo tipo di inadempimenti erano di gran lunga inferiori: un decreto legislativo adottato nel marzo 2011 dal governo Berlusconi le ha improvvidamente quadruplicate, non tenendo in alcun conto i tempi del ritardo: cinque giorni o cinque anni pari sono.
Il malcapitato G.D.S non si dà pace: «Se avessi commesso reati penali - commenta amaro - me la sarei cavata con molto meno». Eppure è così. Una norma fascista del 1939, quando lui ancora non era nato, lo inchioda: quei cinque giorni di ritardo gli costeranno almeno 1.040 euro. Può far ricorso alla commissione tributaria provinciale, è vero, ma se perde rischia di dover pagare anche le spese legali... (Nella foto l'atto di contestazione)