Cinque anni e mezzo di reclusione per estorsione aggravata dal metodo mafioso. È questa la condanna inflitta a Francesco Paolo Scianni, cantoniere della Provincia di Palermo che avrebbe chiesto il pizzo al titolare di un autosalone di Bolognetta. Il Tribunale di Termini Imerese, presieduto da Angelo Piraino, ha accolto la richiesta del pubblico ministero Sergio Demontis.
Scianni finì in carcere nel gennaio del 2015. Tra gli arrestati c'era pure Antonino Di Marco, custode del campo sportivo comunale e considerato il capomafia di Palazzo Adriano. Di Marco e Scianni, originario di Corleone, nel corso di una intercettazione mettevano in discussione la leadership di Matteo Messina Denaro: “Me lo spiegava quello, dice, questo Messina Denaro non può essere mai il capo”.
I due criticavano il boss di Castelvetrano per avere piazzato Leo Sutera alla guida di Sambuca di Sicilia. “Non è che piccolo Sambuca... un paese pure grosso è - diceva Di Marco, intercettato dai carabinieri del Gruppo Monreale -... dico l'hanno messo fra le mani a questi quattro babbi... di Santa Margherita... bah cose da pazzi”. Scianni: “Messina... ora quello i vecchi gli davano tutto questo potere”.
E Di Marco rincarava la dose. I vecchi padrini non avrebbero mai dato spazio agli uomini di Santa Margherita: “... ora Totò gli dava tutto questo spazio a Santa Margherita”. Scianni aveva un'idea precisa su come funzionassero le cose: “Messina Denaro non può essere il capo, perché uno di fuori la provincia, deve essere la città più grande che c'è nella Sicilia ed hanno il capo... è difficile che fa il capo di tutti”.