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15/06/2016 06:30:00

Castelvetrano e gli iscritti alla massoneria. Tante reazioni alla nostra inchiesta

Abbiamo scritto più volte che non c'è nulla di male nell'essere massoni. Così come non c'è nulla di male nel fare luce su un sodalizio che in questo territorio ha diverse peculiarità e che, avendo avuto un passato torbido (i fatti di Trapani relativi agli anni ’80, sulla loggia coperta “Iside 2”), ha rischiato di imporsi nella percezione dell’opinione pubblica con un’identità negativa, preconcetta e senza distinguo.
Posto che non si vuole affatto accostare la massoneria alla mafia o al malaffare, non si può però rimanere indifferenti rispetto all’attenzione della Questura di Trapani sul fatto che “in seno a logge massoniche, soprattutto se occulte o deviate, possa annidarsi un vero e proprio potere parallelo, in grado di inquinare l’attività amministrativa”.
Siamo convinti, nelle nostre analisi, di aver distinto chiaramente i fatti di quel momento storico da quelli di oggi.
La nostra inchiesta sulla logge massoniche castelvetranesi ha prodotto diverse reazioni, alcune garbate, altre pregiudiziali, altre ancora scomposte.

Ancor prima che venisse pubblicato l’elenco delle sei logge castelvetranesi, c’è stata la reazione dell’ex consigliere comunale Piero D’angelo (già citato nell’articolo precedente, tra i primi nomi emersi). Una reazione garbata, in cui non ha nascosto di essere rimasto male nel vedere il suo nome accomunato ad argomenti di mafia o di mala vita organizzata, sottolineando il suo intuito nel denunciare pubblicamente le attività non proprio trasparenti degli amministratori giudiziari in tempi non sospetti e prima che scoppiasse il caso “Saguto”.
Certo, il punto è che nello stesso documento la Questura ha parlato anche della loggia “Iside 2”, riferendosi a fatti e persone relativi appunto agli anni ’80. Si tratta di un argomento diverso dagli elenchi (per altro non esaustivi) di questi anni. E’ una differenza che, al di là dell’esigenza di “sviluppare una sistematica ed incisiva attività di investigazione” per venire a capo di eventuali “infiltrazioni” che potrebbero produrre delle “manifestazioni criminose”, abbiamo veicolato in modo chiaro.

Eppure le reazioni preconcette, molto diverse rispetto a quelle dell’ex consigliere Piero D’Angelo, ci sono state lo stesso.
E la cosa singolare è che siano arrivate anche da coloro che, massoni o vicini alla massoneria, avrebbero potuto usare le conoscenze e gli adeguati strumenti concettuali per una lettura critica dei nostri testi.
Per esempio secondo il dottor Giuseppe Gioia, presidente della loggia Hipsas del G.O.D.F., la nostra redazione avrebbe espresso “sospetti ed accuse velate di malaffare, se non addirittura di mafiosità, nei confronti di cittadini appartenenti alla comunione massonica”. Una cosa inaccettabile, secondo il dottor Gioia, che ha sottolineato quanto “costoro hanno il difficile compito di trasferirne le rigide regole morali nella loro attività sociale e, nel caso specifico, in quella amministrativa”.
Ma Giuseppe Gioia sarebbe lo stesso che da ispettore della Gran Loggia d’Italia a Trapani avrebbe “affiliato” il mafioso e massone di Favara Carmelo Vetro, figlio di Giuseppe Vetro, anche lui massone e figlio del capomafia di Agrigento, “vicino” a Giovanni Brusca. Sarebbe legittimo chiedersi in base a quali “rigide regole morali”?

Altra reazione singolare è stata quella della giornalista Francesca Capizzi. Figlia del giornalista massone Pietro Capizzi, infastidita dal trovarsi citata nella nostra inchiesta in quanto nominata “custode dell’identità territoriale”, ha concluso che si volesse alludere a chissà quali rapporti di causa ed effetto. Ha quindi attaccato la nostra redazione, definendoci “professionisti dello scandalo” ed il nostro collaboratore Egidio Morici, dandogli addirittura dello “stronzo”.

Molto criptica invece la nota di Antonio Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano che, con lo pseudonimo di “Svetonio” e su mandato dei servizi segreti capitanati dal generale Mario Mori, tra il 2003 e il 2006 si scambiava pizzini con Matteo Messina Denaro, con l’intento di farlo catturare (o meglio, secondo Vaccarino, “per convincerlo a costituirsi”).
Nella sua articolata nota, l’ex sindaco rifiuta l’equivalenza massoneria/mafia, sottolineando che “Il delinquente è SOLO criminale, non può appartenere a nessuna Assemblea di Uomini Onesti che praticano quotidianamente la Legalità condannando, senza tergiversazioni,  la montagna di m….a che è la mafia”.
Concetto questo più che condivisibile in linea di principio. Anche se nel 1994, la Questura, su mandato della D.D.A. di Palermo, aveva trovato una lista di una loggia massonica chiamata “Valle Sossio” della quale non vi era traccia tra quelle aderenti al G.O.I di Palazzo Giustiniani o di altre obbedienze”. Si trattava di un insieme di 30 nominativi appartenenti a logge ed obbedienze diverse tra loro, inserite però in un unico elenco. Tra i 30 spiccava il nome di Gaspare Bocina (ex sindaco di Mazara del Vallo), Giuseppe Stallone (ex sindaco di Campobello di Mazara) e lo stesso Vaccarino (ex sindaco di Castelvetrano). Gaspare Bocina, come riportato nelle carte della Questura, risultava al centro di un inquietante intreccio tra ambienti mafiosi e massonici, in base alle indagini della Squadra Mobile a seguito dell’attentato al dottor Calogero Germanà.

Il Movimento Cinque Stelle di Castelvetrano ha invece comunicato che oltre ai trombati della vecchia politica, per regolamento, non ammette al suo interno nemmeno gli appartenenti alla massoneria.
Eppure, nel 1993 qualcuno aveva avanzato alla politica locale una richiesta. Una giovanissima consigliera comunale di Castelvetrano (l’allora 23 enne Rosaria Rallo della componente mattarelliana della Dc) aveva chiesto ufficialmente che i colleghi appartenenti alla massoneria si palesassero. Cosa che però non fece nessuno.
Dopo 23 anni è forse arrivata qualche risposta.