Comincia oggi il processo per abusivismo edilizio, deturpamento di bellezze naturali e violazione di sigilli, la 44enne Bice Loredana Pineda, 44 anni, originaria di Pantelleria, ma residente a Marsala. Con lei a giudizio anche il progettista, l’ingegnere Antonello Ferrante, di 54 anni, per abusivismo edilizio e deturpamento di bellezze naturali, e Bartolomeo Pineda, di 52, fratello di Bice Loredana, per violazione di sigilli. Secondo l’accusa, la Pineda avrebbe tentato di realizzare, in località Mursia, a Pantelleria, un “dammuso” di circa 100 metri quadrati attestando che si trattava della ristrutturazione di un edificio preesistente i cui tetti erano crollati nel corso della seconda guerra mondiale. Dalle indagini, però, è emerso che i muri in pietra non sarebbero quelli di un antico dammuso, bensì il tipico riparo dal vento di un antico giardino pantesco. L’accusa di rimozione di sigilli è scattata perché, nonostante il sequestro dell’immobile disposto dalla Procura di Marsala e convalidato dal Gip, sarebbero ugualmente proseguiti i lavori di copertura di alcuni tetti. Il progetto di “demolizione e ricostruzione” di “edificio esistente privo di copertura”, era stato presentato al Comune di Pantelleria e alla Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Trapani, che lo avevano autorizzato. Il luogo, pare, sia da incanto. Un terreno collinare con vista mozzafiato sul mar Mediterraneo. Scriveva il progettista nella sua relazione tecnica: “Il vecchio fabbricato risale sicuramente ad epoca antecedente il secondo conflitto mondiale, successivamente, in seguito al crollo di una parte della copertura avvenuto a causa dei bombardamenti alleati che colpirono l'isola di Pantelleria nell’anno 1943, è stato abbandonato”. E così, nel 2010, dopo aver ottenuto il nulla osta dalla Soprintendenza di Trapani e la concessione edilizia dal Comune di Pantelleria, iniziano i lavori. Tutto sarebbe filato liscio se, alla fine del 2015, non fosse intervenuta la Procura della repubblica di Marsala, in quel momento ancora diretta da Alberto Di Pisa, che ha voluto vederci chiaro. L’indagine è stata affidata alla sezione di pg della Guardia di finanza della stessa Procura. Da un primo esame degli atti e dei documenti presentati dalla proprietaria e delle autorizzazioni rilasciate da Soprintendenza e Comune, sembrava che tutto fosse in regola. Ma dopo si è scoperto che i ruderi oggetto dell’approvata ristrutturazione non era altro, secondo l’accusa, che i resti di un giardino pantesco! Ciò è stato confermato anche dal consulente tecnico del pubblico ministero. Accertata, quindi, la illiceità, almeno sempre secondo l’accusa, della realizzazione e considerato che i lavori edili erano ancora in corso, la Procura di Marsala ha disposto il sequestro preventivo d'urgenza del “manufatto”, ormai quasi completato. Sequestro, eseguito dal distaccamento del Corpo Forestale di Pantelleria, poi convalidato dal gip Francesco Parrinello. Successivamente, però, sarebbero stati rimossi i sigilli per continuare i lavori (copertura di alcuni tetti). Così, a seguito di accertamento di Corpo Forestale e Guardia di finanza di Pantelleria, la violazione dei sigilli è stata contestata sia alla proprietaria del realizzando dammuso che al fratello, Bartolomeo Pineda, abbastanza conosciuto sull’isola in quanto proprietario di una nota discoteca. A difendere gli imputati sono gli avvocati Stefano Pellegrino, Nino Caleca e Roberto Mangano.
VIOLENZA. Comincia anche il processo ad un imprenditore marsalese di 50 anni accusato di maltrattamenti in famiglia, minacce all’ex compagna e violenza sessuale, sia in danno della donna che delle figlie minorenni di quest’ultima. Secondo l’accusa, la convivente sarebbe stata offesa e umiliata in presenza dei figli, minacciata di morte e picchiata. Quando, poi, la madre non era a casa, in più occasioni, l’imprenditore avrebbe molestato sessualmente le figlie della convivente, che all’epoca dei fatti (tra il 2006 e il 2013) erano ancora minorenni. L’imprenditore, inoltre, avrebbe pesantemente offeso e umiliato l’ex compagna in presenza dei figli, picchiandola e minacciandola persino di morte. E quando i figli difendevano la madre, anche loro sarebbero stati picchiati. Alla fine della relazione “sentimentale”, nel 2013, l’uomo avrebbe anche iniziato a tormentare l'ex compagna con messaggi minacciosi e ingiuriosi. La donna e i suoi tre figli si sono costituiti parte civile. A rappresentarli sono gli avvocati Laura e Salvatore Errera. “Dopo la fine della relazione – dichiarano i due legali - la signora ha avuto il coraggio di denunciare e sono venuti fuori altri comportamenti che denotano delle gravissime devianze. La violenza, vista anche come potere e controllo su tutti i membri della famiglia, era strettamente connessa con la dipendenza economica delle vittime. Infatti, il soggetto era solito rinfacciare la sua superiorità economica e la dipendenza di tutti i conviventi”.