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11/10/2016 07:00:00

Referendum costituzionale. A Salemi si sono incontrati i comitati siciliani per il NO

Cosa deve succedere a Salemi per destare l’attenzione degli organi di informazione? Questo il commento lunedì mattina da parte di uno degli organizzatori della  manifestazione per il “No” tenutasi la seconda domenica di ottobre nella cittadina  normanna.

Un evento di alto livello, a valenza regionale, che ha registrato la  partecipazione di professionisti esperti di discipline varie, tre senatori della Repubblica, un ex Presidente della Regione siciliana Angelo Capodicasa,  rappresentanti di associazioni culturali e, in qualità di relatore, il costituzionalista di fama nazionale professore Alessandro Pace.

Nell’ampio salone del Circolo culturale “Giuseppe Pedone” affollato di cittadini, gli  unici assenti erano, tranne qualche eccezione, i rappresentanti della  stampa. Nulla di nuovo in questa provincia, si direbbe. Altri sono pascoli che si  preferisce attraversare. Del resto, la stessa cosa succede a livello nazionale.

A parte La7, come ci ha detto il professore Pace “nei nostri confronti c’è stato un  totale silenzio mediatico, sia da parte Rai che da Mediaset. Ma si sa, il servizio  pubblico è schiacciato sotto il tallone del governo. Mediaset invece mi ha sorpreso”. Tante le sigle delle associazioni partecipanti. Da “Trapani Cambia”  ad “Associazione Impastato” di Salemi ( ottimi organizzatori dell’evento);  da Arci a Lip Scuola; da Anpi a Ret  a Sinistra e Centro Studi “Vero Felice Monti” di Salemi. Numerosi gli interventi della mattinata: Sabrina Rocca, Ottavio Navarra Fabrizio Bocchino, Angelo Capodicasa, Serena Valenti ed altri. Riesce difficile  sintetizzarli tutti. Ne riportiamo alcuni.

Quello dell’avvocato Lino Buscemi che è stato particolarmente applaudito.  Che ha subito riscaldato la sala, quando con veemenza ha affermato che “i cosiddetti  partiti, attori dell’attuale teatrino della politica a tutti i livelli, sono prevalentemente  (e inequivocabilmente ) scarsamente democratici e “padronali”, senza distinzione  alcuna riguardo alla loro collocazione nell’attuale scacchiere politico nazionale.

Qualcuno potrà pensare alle solite frasi che sanno di qualunquismo, o come si usa  ire oggi, di populismo. Niente affatto: è un giudizio molto, ma molto, dipendente  dallo spettacolo che ci viene quotidianamente offerto e, per di più, formulato con  disagio ed amarezza in quanto terribilmente e drammaticamente (per noi) vero”.  Ci va giù duro Buscemi e senza mezzi termini rincara la dose contro gli attuali partiti. Sono raggruppamenti senz’anima, ha detto, dove non esistono regole, linee  politiche credibili, programmi realistici e, men che mai, trasparenza nei comportamenti e nelle decisioni. Poi l’affondo spietato: “esistono solo il ‘leader’,  ovvero il ‘padrone’, e la ristretta cricca di comando che esegue con devozione e non  dissente”. Del resto è sufficiente guardare attentamente dentro i cosiddetti partiti e  simili, per accorgersi che la logica “padronale” produce uno scarso ceto “dirigente”,  la diffusione di un solo “verbo” intolleranza e decisioni discriminatorie. Guai a dissentire! Scattano subito le sanzioni tipiche dei torquemada da strapazzo: il  dissenziente prima è messo all’indice, poi viene “isolato” e delegittimato poi  sospeso “sine die” infine espulso. Per Buscemi non ci sono dubbi: “Nel nostro Paese,  e specialmente nelle aree più depresse del sud dove regna la criminalità organizzata  di tipo camorristico e mafioso, in atto c’è soltanto la parodia della democrazia e, forse, nemmeno quella”. Una ragione in più per votare “NO”. “ Almeno, in  caso di vittoria il barlume di democrazia che la vigente Costituzione ancora  garantisce verrà preservato in attesa di fare una vera, profonda e seria riforma ( con  il più ampio consenso) della Carta del 1948.”

Anche il mondo della scuola era presente all’assemblea. Maria Guagliardito,  un’insegnante in veste di rappresentante del coordinamento nazionale della LIP e  referente a Palermo, insieme a Roberto Buscetta. La LIP è una proposta di legge di iniziativa popolare per la Scuola della Repubblica,  già depositata in Senato e al contempo la LIP rappresenta un foltissimo gruppo di  insegnanti. Esistono 40 comitati in tutta Italia, che difendono i valori costituzionali  della scuola pubblica, laica e gratuita, e che, la scorsa primavera, insieme ad altre  associazioni, forze sindacali e liberi cittadini, hanno promosso il referendum per l’abrogazione della legge 107 del 2015, la cosiddetta buona scuola, attraverso la

raccolte delle firme. In tutta Italia ne sono state raccolte 515.000. Si attende ora il pronunciamento della Cassazione.

Con grande efficacia e calore Maria Gagliardito ha spiegato perché la Scuola  Pubblica dice NO! “Perché ogni docente della Scuola pubblica, laica,  pluralista, democratica, non può non sentirsi vincolato ai principi della Costituzione  Italiana e alla funzione che essa assegna alla Scuola, luogo di promozione  dell’emancipazione umana, del sapere critico e della libertà di pensiero. La Costituzione entra ogni giorno, come creatura viva e pulsante, nel nostro agire e  nelle nostre aule.”

Se la scuola è un laboratorio di democrazia, è conseguenziale opporsi a tutte le  operazioni che ne stravolgono il ruolo, svilendola e deformandola a mero strumento  di esercizio del potere e di omologazione, compatibile con una società basata sulla competizione e sull’individualismo, gerarchizzata e subordinata al mito del mercato  e del profitto.

La “Buona scuola”, già in piena attuazione, e la “riforma costituzionale allarmano  Gli operatori della scuola. Entrambe prefigurano un paese deprivato degli spazi di  democrazia e di partecipazione. Così come lo stato rischia di ridursi a una  multinazionale gestita dai poteri forti, anche nella scuola azienda i poteri vengono  accentrati nelle mani del preside super manager. L’accentramento del potere e la  riduzione degli spazi di democrazie voluta nella riforma costituzionale è stato già di  fatto attuato nella scuola. “Noi insegnanti siamo perfettamente consapevoli”– ha  ribadito Gagliardito- che l’attacco alla Scuola e l’attacco alla costituzione sono di  fatto un attacco alla democrazia ad ampio spettro, perché chiude spazi politici  pone fine al progetto di emancipazione sociale attraverso la feudalizzazione dei  rapporti di lavoro, la privatizzazione dei servizi sociali , l’aziendalizzazione  dell’istruzione e spezza il disegno armonico della costituzione “.

Per Nino Rosolia, portavoce del Comitato per il “NO” di Marsala, lo scopo della manifestazione non era solo per ascoltare qualche ulteriore chiarimento tecnico- giuridico, profittando della presenza del prof. Alessandro Pace, ma dare un minimo  di coordinamento alle iniziative dei numerosi comitati sorti, qui e là, in gran parte  della Sicilia Occidentale. Ha sottolineato l’esigenza di “fare ‘rete’ e realizzare  collaborazioni sotto il profilo organizzativo che ci consentano di realizzare nelle  prossime manifestazioni “economie di scala”, vista la mancanza assoluta di fondi che  il Comitato sconta a livello nazionale. Per verificare, ad esempio, se ci sono le  condizioni, a breve, per permettere anche ai cittadini del trapanese di assistere allo  spettacolo “Perché NO. Tutte le bugie del referendum” che, Marco Travaglio e  Giorgia Salari, stanno portando in tutt’Italia.

E’ importante per Rosolia “ attuare efficaci strategie di coinvolgimento della gente  comune, finora disinteressata alla contesa, poiché alle prese con problemi di ben  altra portata. Per costruire una campagna referendaria che faccia capire che la  vittoria del “NO”, non è un punto d’approdo ma soltanto l’inizio di un sogno: non  quello dello stravolgimento della Seconda Parte, ma – finalmente! – la piena  attuazione della Prima e fondamentale Parte della Carta Costituzionale. “  Le parole d’ordine debbono essere molteplici, ha finito tra gli applausi Nino Rosolia.

Dal diritto-dovere al Lavoro, al cospetto dei milioni di “NEET” e degli innumerevoli  “cervelli in fuga”, ai laureati “con lode” costretti a reinventarsi cassieri nei  supermercati o camerieri nei pub o dai tanti ultratrentenni diplomati indotti a pietire la ‘paghetta’ dai genitori o dai nonni.

Dal diritto alla tutela della Salute, di fronte allo scandalo permanente dei “Pronto  Soccorso”, ove giovani e anziani aspettano per ore prima di essere assistiti e curati.  Alla “scuola aperta a tutti”, che registra–nel biennio dei tecnici e dei professionali –  punte del 30% di abbandoni precoci e frequenze saltuarie o dalla cancellazione  dell’insegnamento nei licei delle Discipline Giuridico-Economiche, che impediscono  agli studenti italiani di attrezzarsi per esercitare il loro diritto alla cittadinanza attiva.

E se per Stefano Rodotà è persino imbarazzante, per la pochezza dei contenuti e del  linguaggio, leggere il testo al quale è stato consegnato il compito impegnativo di  riscrivere ben quarantatré articoli della Costituzione, il professore costituzionalista.

Alessandro Pace, che ha concluso la prima parte della manifestazione salemitana,  non ha usato diplomazia e con toni, in certi momenti stucchevolmente accademici e  poco interattivi (l’età, è noto, in alcuni soggetti gioca brutti scherzi) senza esitazione  ho sostenuto con la riforma Renzi- Boschi-Verdini “viene violato il primo articolo  della Carta, la sovranità popolare. E’ il popolo che deve eleggere le Camere, mentre  come tutti sappiamo la riforma attribuisce ai Consigli regionali il compito di eleggere  i senatori”. E aggiunge: “Dire che sono comunque eletti dal popolo anche se  attraverso un percorso indiretto è un pensiero sciocco. Altrimenti si potrebbe dire che  anche il Presidente della Repubblica è eletto dal popolo, cosa che non è”.

Non solo. Si tratta di una palese “violazione della sentenza n. 1 del 2014 della Corte  Costituzionale”, quella che ha bocciato il Porcellum.  “In quella sentenza – ha spiegato il professore- la Corte si è espressa in merito al  principio di continuità degli organi costituzionali affermando che non è a tempo  indeterminato, e che la legislatura poteva proseguire con un termine massimo di tre  mesi. Ragioni economiche hanno consigliato di proseguire oltre quel termine, ma  aprire addirittura un percorso di riforma costituzionale è stato un vero e  proprio azzardo“.

L’ordinamento deve ispirarsi a principi di razionalità e ragionevolezza: questa "riforma non lo fa”, ha detto Pace, avviandosi alla conclusione, “per non parlare delle  competenze del nuovo Senato e prerogative dei senatori. La   rappresentanza delle autonomie territoriali, è destinata a scomparire in quanto  è la riforma a impedire al Senato di svolgere questa funzione.” 

E infine la stoccata finale il Costituzionalista quando senza giri di parole ha affermato  perché l’attuale revisione costituzionale prospettata è stata avviata attraverso  l’iniziativa dell’esecutivo, e non del Parlamento. C’è quindi un vizio d’origine.  Derivato dall’impronta politica che il governo imprime ad essa.Il tutto mentre in sala arrivava la notizia che anche Bersani annunciava il suo No  alla riforma. Si vedrà tra cinquataquattro giorni.

 

Franco Ciro Lo Re

 

 

(Foto Leonardo Timpone)