È sempre stato bravissimo a raccontare i libri degli altri. Alessandro Baricco ha la capacità di farti scoprire libri che magari hai già letto, ti induce a riprenderli in mano, tornare a leggerli, apprezzarne nuovi aspetti. Ecco, in queste cose lui è bravo, lo è stato finora. Anche come scrittore è bravo, a volte un po’ troppo sbilanciato sulla sperimentazione, sul tecnicismo, però racconta storie interessanti e non è mai banale. Qualche segnale di sbandamento l’ho registrato leggendo uno dei suoi ultimi libri: Una certa idea di mondo, anche questo volume parla di altri libri che ha letto. Il segnale inquietante l’ho colto nel passo in cui parla di Colazione da Tiffany di Capote, passando in rassegna tutte le figure femminili che al cinema hanno interpretato la parte di Holly, l’irresistibile protagonista della storia. Ebbene, ad un certo punto cita la scena del dialogo tra la giovane donna e lo scrittore e trova straordinaria la frase in cui lei dice più o meno: sei uno scrittore nel senso che qualcuno compra i tuoi libri? Quella frase Baricco la trova talmente calzante per definire uno scrittore che pensa di farla scrivere su una parete della scuola di scrittura che dirige, ossia la Holden. Va da sé che la frase è davvero spiazzante, ma in quel contesto, dentro quella storia. Davvero pensa Baricco che ci si può definire scrittori solo se qualcuno compra i libri che scrivi? No perché in questo caso potrebbe vedersi scalzato dai numeri di copie vendute di molti autori scriventi, non mi fate fare i nomi ché tanto lo sapete a chi mi riferisco, quelli che intingono il pennino nel percolato. È riuscito a diventare antipatico anche ai suoi fans con questa dichiarazione: cosa c’entra Dylan con la letteratura? A pensarci bene potrebbe avere ragione, Dylan ne merita due di Nobel, sa raccontare storie creando inquietudine, e questa è letteratura, ma sa anche adattare le parole alle rigorose leggi della musica, e questo non lo sanno fare neanche i bravi scrittori. Sta diventando troppo facile dargli contro, pertanto mi fermo qui e cito ancora una volta mia nonna che conosceva un detto popolare per ogni circostanza: Ma s’era bbono? E buon ascolto.
Katia Regina