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31/10/2016 06:25:00

L'Italia devastata dal terremoto. Ripartire con dignità e rerponsabilità

 Non finisce più. La terra continua tremare in Centro Italia. Uno “sciame” sismico, come lo chiamano gli esperti, che continua ininterrottamente dal 24 agosto scorso, dal terribile sisma che ha fatto 298 vittime tra Amatrice, Accumoli, Arquata, Pescara del Tronto. Paesini arrampicati sull’Appennino in continuo movimento. In questi giorni nuove scosse hanno fatto ripiombare nella paura le popolazioni del centro Italia. Ieri il terremoto con magnitudo più elevata dai tempi dell’Irpinia, 6.5, ha raso al suolo quanto ancora stava in bilico in quei borghi medievali dal fascino senza tempo.
Un sisma che non ha fatto vittime, fortunatamente, ma che ha disintegrato la serenità, la speranza, di quelle popolazioni.
C’è la paura di essere dimenticati, di non essere priorità per uno Stato che in materia di prevenzione e sicurezza dei cittadini non ha agito da buon padre di famiglia. Si parla di ricostruzione, di non lasciare abbandonati i territori stravolti dalle scosse. Si parla di una sicurezza che è difficile, ormai, trovare. E la paura è che la rassegnazione prenda il sopravvento sulla voglia di rimettersi in piedi. Questa volta è dura.
Bisogna affrontare tutto con dignità e serietà. Bisogna che questo Paese, che gli italiani stessi, al di là delle colpe di uno Stato inesistente, si prendano cura di se stessi. E riescano a trovare la speranza di tornare a vivere e far vivere quei centri.

Ma serve uno sforzo globale e una assunzione di responsabilità collettiva in un Paese in cui non si fa prevenzione, innanzitutto. Un dato su tutti, lo raccontiamo oggi su Tp24, è quello dei Piani di prevenzione dei Comuni. In Sicilia, una delle regioni a rischio, solo la metà dei Comuni ha un piano di prevenzione dell'emergenza, tra cui alcune cittadine del Belice e Marsala. 

Occorre dignità e serietà. Mentre in tv scorrono senza soluzione di continuità le immagini dei paesi disastrati. Dei paesi rasi al suolo setacciati da uomini e donne della protezione civile e i vigili del fuoco col volto teso e prostrati alla ricerca di una sicurezza che in questi mesi, ormai, gli abitanti del Centro Italia non hanno più.
Una continua diretta, quasi morbosa, in cui si inanellano dati e si contano i danni. A Norcia, a Visso, Ussita e ancora diretta da Amatrice e gli altri paesi devastati due mesi fa.
A tratti si assiste alla ossessiva ricerca della scossa. Parte la diretta dallo studio illuminato, la linea all’inviato, che è lì, davanti ad una chiesa crollata, a una casa pericolante, ha magari il caschetto, e accanto uno “sfollato”. “Sfollato”, viene chiamato chi non ha più una casa, chi ha una busta della spesa con qualche indumento come unico patrimonio. La linea quindi arriva, dicevamo, e c’è l’inviato che è in attesa che arrivi, perchè prima o poi, in questi giorni, arriva, un sussulto, una scossa, magari piccola, ma per dire, a tutti, “ecco questo è il terremoto”. Ecco la ricerca morbosa dello show sul sisma che cozza con la dignità della gente che sta perdendo tutto: case, affetti, speranze. C’è l’inviata di Vespa che per una scossetta urla al “terremotissimo”, cerca con gli occhi consenso tra gli ospiti. Si chiude la diretta, lo show finisce.
Una diretta no stop sull’italia che si sgretola, che implode e si cancella da sola. La storia di questo paese, le belle chiese, le basiliche, i borghi medievali che fanno di questo Paese il Bel Paese che stanno scomparendo. Ancora una volta ci si dice che in questo momento l’Italia deve fare l’Italia, deve rialzarsi e avere coraggio.
Coraggio, e dignità. Quella di una popolazione che vive nella paura continua, che dopo il terremoto teme la burocrazia, teme uno Stato che non sa proteggere se stesso, i propri cittadini. “Fate presto” titolavano i giornali all’indomani del Belice, dell’Irpinia, dell’Aquila. No. Questa volta, fatelo bene. Anche quando si spengono le telecamere. 


Francesco Appari