Provate anche a voi a digitare su un motore di ricerca la locuzione l’Italia sprofonda. Non troverete il terremoto al primo posto, perché l’Italia sprofonda per tanti altri motivi: per la crisi, la disoccupazione, le banche, per il numero di nuovi poveri, per le infrastrutture, per la competitività, per la libertà di stampa, per non essere abbastanza green, per la fiducia nella politica, per il ranking, che non so neppure cosa diavolo sia, ma è roba sportiva. Il vaticino di Renzi: fate come dico io o l’Italia sprofonda. Ma si sa, questi sono solo titoli, strilli di giornali che usano le iperbole per inchiodare il lettore. Settanta centimetri non sembrerebbero tanti, un paio di gradini o poco più, ma va da sé che sono sufficienti per radere al suolo interi centri urbani, e trasformare l’ iperbole in realtà. Le immagini che giungono dai luoghi colpiti dal sisma sono desolanti, e lo è ancor più scorgere, durante le riprese, una chiesa secolare sbriciolata e poco distante un pannello pubblicitario che svetta impettito quasi a volerci ricordare che questo ci resta, resiste.
Non è tempo di lagne, piagnistei e polemiche, bisogna affrontare il dramma con coraggio, ricominciare con l’approccio della mente quantica, che anche questo non ho capito bene ma pare possa funzionare. Ma prima di farlo concediamoci una breve pausa poetica: Sei la terra e la morte, di Cesare Pavese.
La tua stagione è il buio
e il silenzio. Non vive
cosa che più di te
sia remota dall’alba.
Quando sembri destarti
sei soltanto dolore,
l’hai negli occhi e nel sangue
ma tu non senti. Vivi
come vive una pietra,
come la terra dura.
E ti vestono sogni
movimenti singulti
che tu ignori. Il dolore
come l’acqua di un lago
trepida e ti circonda.
Sono cerchi sull’acqua.
Tu li lasci svanire.
Sei la terra e la morte.
Katia Regina