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17/11/2016 08:06:00

Michele Licata: chiesti sei anni per lui. Le figlie invece vogliono patteggiare

 Non solo la condanna a sei anni e mezzo di carcere, ma anche la confisca delle società proprietarie di ristoranti e alberghi sequestrati. Sono state queste le richieste avanzate dal pubblico ministero Antonella Trainito nel processo con rito abbreviato a Michele Licata, imprenditore leader in Sicilia occidentale (almeno fino alla primavera dello scorso anno) del settore ristorazione-alberghiero. Licata è accusato di evasione fiscale milionaria e truffa allo Stato. Il processo si svolge davanti al giudice delle udienze preliminari di Marsala Riccardo Alcamo. L’indagine ha già avuto come conseguenza il sequestro di ristoranti, alberghi, società e liquidità per un valore di circa 130 milioni di euro.

L’evasione fiscale è stata stimata da Procura e Guardia di finanza in circa 6 - 7 milioni di euro (Iva e tasse non pagate tra il 2006 e il 2013), mentre i finanziamenti pubblici “indebitamente” incassati ammonterebbero a circa 4 milioni di euro. Coinvolte anche due figlie di Michele Licata, Clara Maria e Valentina, che hanno chiesto di patteggiare la pena. Per la prima è stata concordata una condanna a un anno, sei mesi e 20 giorni di reclusione, per la seconda a un anno, due mesi e 15 giorni. Per gli inquirenti, comunque, è Michele Licata il “deus ex machina” della colossale evasione fiscale e della truffa allo Stato, nonché il “dominus” del gruppo imprenditoriale. Per tentare di attutire la “botta”, a fine gennaio, i legali del gruppo Licata (avvocati Carlo Ferracane, Stefano Pellegrino, Salvatore Pino e Gioacchino Sbacchi), ha chiesto lunghi rinvii per consentire all’amministrazione giudiziaria di versare all’Agenzia delle Entrate tutte le tasse evase.

Ancora, però, per saldare il debito con lo Stato, occorre pagare circa un milione e mezzo di euro. Il procedimento approdato davanti al Gup Riccardo Alcamo (il 29 novembre parola alla difesa e, forse, sentenza) è quello relativo al sequestro “preventivo d’urgenza” di somme di denaro, quote societarie, beni mobili e immobili, per un valore di circa 13 milioni di euro, nonché quote sociali e beni mobili e immobili di quattro complessi aziendali per un valore stimato in circa 90 milioni di euro, effettuato il 21 aprile 2015 da Procura e Fiamme Gialle. Questo primo sequestro ha riguardato il ristorante-sala ricevimenti “Delfino”, il “Delfino Beach”, l’agriturismo “La Volpara” e il “Baglio Basile” (albergo-ristorante-sala convegni-centro benessere con piscina). E “per equivalente” anche quote delle relative società, nonché de “L’arte bianca” e “Sweet Tempation” (panificazione) e “Rakalia” (assistenza residenziale). In novembre, dopo il coinvolgimento di altri familiari, seguì il sequestro disposto, sempre su richiesta della Procura di Marsala, della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani (beni per un valore di 127 milioni). Dopo questo ulteriore sequestro, gli investigatori definirono Michele Licata “abituale evasore fiscale socialmente pericoloso”.