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29/11/2016 09:39:00

Michele Licata e la maxi evasione, tutto rinviato per la sentenza

19,00 - Nulla di fatto. Solo arringhe difensive nell’ultima udienza del processo con rito abbreviato (il pm Antonella Trainito ha respinto la richiesta di patteggiamento) all’imprenditore Michele Licata. Per la sentenza bisogna ancora attendere. Anche perché i legali non hanno ancora concluso il loro compito. Si proseguirà, infatti, venerdì. Davanti al gup Riccardo Alcamo, hanno effettuato i loro interventi gli avvocati Carlo Ferracane e Stefano Pellegrino. Venerdì toccherà al palermitano Gioacchino Sbacchi e al milanese Salvatore Pino. Per Michele Licata, ex imprenditore leader in provincia nel settore ristorazione-alberghiero, l’avvocato Ferracane ha invocato il minimo della pena. Intorno a due anni di reclusione (il pm ha chiesto 6 anni e mezzo). Non potendo contestare il reato di evasione fiscale, il difensore ha chiesto l’assoluzione per quello di malversazione.

9,00 - Potrebbe essere il giorno decisivo per alcuni importanti processi che riguardano la provincia di Trapani. Si prevedono infatti sentenze, e decisioni su imputati eccellenti.

 

Michele Licata e la maxi evasione fiscale
E' il giorno della verità per Michele Licata, l'imprenditore di Marsala, re delle strutture ricettive e di ristorazione. Licata è accusato di evasione fiscale milionaria e truffa allo Stato. Il processo si svolge davanti al giudice delle udienze preliminari di Marsala Riccardo Alcamo. L’indagine ha già avuto come conseguenza il sequestro di ristoranti, alberghi, società e liquidità per un valore di circa 130 milioni di euro. E oggi potrebbe arrivare la sentenza. L'accusa ha chiesto una condanna a sei anni e mezzo per Licata che ha scelto il rito abbreviato. L’evasione fiscale è stata stimata da Procura e Guardia di finanza in circa 6 - 7 milioni di euro(Iva e tasse non pagate tra il 2006 e il 2013), mentre i finanziamenti pubblici “indebitamente” incassati ammonterebbero a circa 4 milioni di euro. Coinvolte anche due figlie di Michele Licata, Clara Maria e Valentina, che hanno chiesto di patteggiare la pena. Per la prima è stata concordata una condanna a un anno, sei mesi e 20 giorni di reclusione, per la seconda a un anno, due mesi e 15 giorni. Per gli inquirenti, comunque, è Michele Licata il “deus ex machina” della colossale evasione fiscale e della truffa allo Stato, nonché il “dominus” del gruppo imprenditoriale. Per tentare di attutire la “botta”, a fine gennaio, i legali del gruppo Licata (avvocati Carlo Ferracane, Stefano Pellegrino, Salvatore Pino e Gioacchino Sbacchi), ha chiesto lunghi rinvii per consentire all’amministrazione giudiziaria di versare all’Agenzia delle Entrate tutte le tasse evase.
Ancora, però, per saldare il debito con lo Stato, occorre pagare circa un milione e mezzo di euro.

 

Don Sergio Librizzi e i favori sessuali
E' attesa per oggi la sentenza del processo d'appello a carico di don Sergio Librizzi, l'ex direttore della Caritas di Trapani, condannato in primo grado per aver chiesto e ottenuto prestazioni sessuali da alcuni richiedenti asilo in cambio del suo intervento per il rilascio dei permessi di soggiorno.
“Protetto, tutelato, venerato dall’ambiente che lo circonda e dai numerosi soggetti a lui legati da vincoli di complicità e convergenza di interessi patrimoniali e di gestione del potere”,  erano queste le parole del giudice per le indagini preliminari Emanuele Cersosimo usate nell’ordinanza di custodia cautelare per don Librizzi .
Librizzi in primo grado è stato condannato a 9 anni, pena di cui il procuratore generale ha chiesto la conferma. Mentre la difesa, rappresentata dal legale Donatella Buscaino, aveva chiesto l'assoluzione affermando "che in molti casi sono stati i migranti stessi a proporsi per ottenere vantaggi dalla posizione di Librizzi". Il gup ha dichiarato Librizzi interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e interdetto in perpetuo da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno. L'imputato è stato condannato al risarcimento dei danni, liquidati in somme che vanno dai 2mila ai 30mila euro, in favore del Comune di Trapani e dell'Associazione per gli Studi Giuridici sull'immigrazione.


Nino Papania e il voto di scambio
Altra udienza oggi del processo a carico di Nino Papania, l'ex senatore del Pd accusato, con altre sette persone di voto di scambio durante le amministrative del 2012 ad Alcamo..
Oggi cominceranno a sfilare i primi testi della difesa, dopo le audizioni di quelli dell'accusa.
Particolare è stata la testimonianza di Saverio Sciacca, il teste ha riferito che in aula che in occasione del ballottaggio sarebbero state attribuite diverse schede a Sebastiano Bonventre, che poi sarebbe diventato sindaco. Il teste in occasione di quelle amministrative era scrutatore e al giudice Franco Messina ha dichiarate che “quelle schede dovevano essere annullate”. Ma le dichiarazioni sono state un po' una sorpresa in aula. Non avranno alcun peso sul processo, come ha ricordato più volte il giudice in aula, visto che il reato da accertare è il voto di scambio.

Gli scafisti a Trapani
Continua a Trapani il processo su un gruppo di scafisti. Si tratta di sei persone, chiamate a rispondere di favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina. Gli imputati respingono le accuse. I due giovani furono fermati, insieme con altri quattro extracomunitari, nello scorso mese di gennaio dagli agenti della squadra mobile e i militari della Guardia di Finanza, dopo essere sbarcati dalla nave “Siem Pilot”, un mercantile battente bandiera norvegese approdato nel porto di Trapani con 723 naufraghi. Erano salpati quattro giorni prima dalle coste libiche, a bordo di tre gommoni. Ognuno avrebbe pagato per il viaggio tra i mille e i mille e cinquecento dinari a intermediari dell’organizzazione libica. Oggi è prevista la requisitoria, e i giudici potrebbero anche ritirarsi in camera di consiglio.