Qualche giorno fa è successo un episodio spiacevole. Ignoti sono entrati nello studio di Enza Rando, noto avvocato, numero due di Libera, che rappresenta l'associazione di Don Luigi Ciotti in diversi processi alla criminalità organizzata in Italia. Tra venerdì 25 e sabato 26, Novembre delle persone sono entrate nel suo studio legale a Modena mettendo mano a carte e fascicoli, ma senza portare via quasi niente. Indagano polizia e Procura, l'episodio è preoccupante, l'avvocato Rando merita tutta la solidarietà di questo mondo. E' una professionista seria e stimata.
Tuttavia, dato che siamo dalle parti dell'antimafia, e di un certo modo di intenderla, non posso non notare alcune circostanze. Libera, l'associazione di Don Luigi Ciotti, collega, in un suo comunicato, quanto avvenuto nello studio di Rando al "linciaggio mediatico, durato per mesi, nei confronti di Enza Rando, dai manipolatori della verità".
"Linciaggio mediatico", "manipolatori della verità". Espressioni forti e un po' fuori luogo, se mi posso permettere (e chissà che non venga considerato "linciaggio" anche questo mio pensiero). Perchè parole così fanno capire che c'è stata chissà quale campagna denigratoria, su mezzi potentissimi, con verità distorte ad arte. Le espressioni di Libera sono state poi seguite poi da alcuni commenti di esponenti locali del Pd (di cui Libera a Modena e provincia rappresenta, da quello che ho visto nei miei giri emiliani, una specie di longa manus...) che parlano di "campagna diffamatoria". Giusto per metterci il carico da undici.
A meno che non mi sia perso qualcosa (e ciò non andrebbe sicuramente a vantaggio dell'efficacia della "campagna denigratoria..." di cui sopra), in realtà il riferimento è ad un paio di articoli (ma quale linciaggio...) che questa estate sono stati pubblicati sul quotidiano di Modena, Prima Pagina, diretto da Giuseppe Leonelli. Proprio Leonelli aveva sollevato alcuni dubbi circa i tanti incarichi che ricopre l'avvocato Enza Rando, pubblicando da bravo giornalista, anche i relativi compensi: 25mila euro dalla Regione Emilia Romagna per il ‘Testo unico’ su mafia e dintorni, 20.400 euro da Sorgea nel 2014, 96mila euro dalla Provincia di Modena nel 2010 e 25mila euro nel 2013, 49mila euro dal Comune di Nonantola. Oltre a percepire 51mila euro all’anno come membro del cda della Fondazione Crmo.
Fa senso che si parli di "linciaggio" o di "diffamazione" (e che a farlo sia tra l'altro un avvocato, Rando, che dalle accuse di diffamazione difende i giornalisti vicini a Libera), quando in realtà Leonelli ha solo messo ordine tra gli incarichi della numero due di Libera. Nulla di che. Non sono soldi rubati, anzi, sono soldi, tanti, sicuramente strameritati. Tuttavia il numero e la qualità degli incarichi, unito al ruolo che l'avvocato di Libera ricopre in diversi processi e nella stessa associazione antimafia di Don Ciotti potrebbe far venire il dubbio della "opportunità" della commistione di tutta questa roba insieme. E' linciaggio dirlo? Sulla vicenda anche i Cinque Stelle hanno presentato un'interrogazione alla Regione Emilia Romagna. Ma l'unica risposta, al momento, è stata che, il referente provincia di Libera a Modena, tale Maurizio Piccinini, ha definito il giornalista Leonelli "oggettivamente al fianco delle mafie". Attenzione all'avverbio: oggettivamente. Le parole sono importanti. Oggettivamente: cioè senza ombra di dubbio, senza tema di smentita, come è vero che la mattina oggettivamente il sole sorge e oggettivamente tramonta, si è "oggettivamente al fianco delle mafie" per aver sollevato i dubbi su Libera e Rando. Non solo. Leonelli, senza tanti giri di parole, è in maniera strisciante ritenuto il mandante morale delle intimidazioni subite da Rando negli ultimi giorni.
Si può andare avanti così?
Oggi Prima Pagina non c'è più. Il giornale ha chiuso, come sta accadendo purtroppo a tante piccole voci libere in giro per l'Italia. Leonelli rimane un bravo giornalista, ma disoccupato. Sarebbe stato giusto che Libera, che tanto si spende per i giornalisti "amici" in note di solidarietà, costituzioni di parte civile, diverse forme di tutela, avesse spesso due parole per quel giornale, e per quel giornalista, che di fatto ha subito, da Libera e dal Pd, lo stesso trattamento fatto di accuse e offese, che io, tanto per dire, solitamente ricevo da ben altri ambienti, quando mi occupo di mafia.
Si dice sempre che quando muore un giornale è una grave perdita per la comunità, che le mafie vogliono il silenzio, che una voce libera (l minuscola) è fondamentale per la legalità. Sono alcune delle frasi di circostanza che nei miei anni di frequentazione di Libera (L maiuscola) e dintorni mi avranno ripetuto certe volte. Evidentemente, non è così per tutti.
Siccome, poi, basta un mezzo insulto su Facebook, una piccola insinuazione, un insulto sguaiato, a fare scattare la macchina di solidarietà intorno ad un giornalista "antimafia", mi chiedo se anche Leonelli non debba avere qualche tipo di solidarietà, dall'Ordine dei Giornalisti, da strutture come Ossigeno per l'informazione, per il trattamento che ha subito. Perché se fossero stati gli ambienti vicini all'avvocato di un mafioso a parlare di "campagne denigratorie", eccetera, ci sarebbero state le prese di posizione di Ordine dei Giornalisti e associazioni varie, le fiaccolate, la classica lettera dei parenti delle vittime di mafia e l'ashtag pronto all'uso #siamotutti... Invece nessuno ha parlato. Oggettivamente.
Nessuna solidarietà al povero Leonelli.
Per ora, ha la mia. Lui come Enza Rando. Hanno entrambi la mia solidarietà. E più di tutti ce l'ha la povera signora ragione. Ormai si è persa, nel labirinto del fanatismo dell'antimafia.
Giacomo Di Girolamo