Il cerchio si stringe. Si stringe ancora. La terra bruciata attorno al boss latitante Matteo Messina Denaro sembra non esaurirsi mai. La novità di queste ultime due operazioni antimafia, sta forse nell’aver posto l’attenzione nei confronti di insospettabili. Nell’operazione Ebano aveva fatto molto scalpore che due funzionari del Comune di Castelvetrano fossero finiti nel registro degli indagati, ma nell’operazione Ermes 2 di ieri mattina lo stupore della città è stato ancora maggiore, visto il coinvolgimento del giornalista Filippo Siragusa, al quale è stata applicata la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di residenza, per il reato di intestazione fittizia di beni.
L'inchiesta è un approfondimento dell’operazione Ermes dell’agosto 2015, in cui era emerso il ruolo di Vito Gondola, l’allevatore pluripregiudicato reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, che si occupava di gestire la “corrispondenza” di Matteo Messina Denaro.
Ieri sono finiti in carcere i fratelli Loretta (Carlo e Giuseppe), pienamente inseriti con le loro aziende nella famiglia mafiosa di Mazara, per associazione mafiosa e attribuzione fittizia di beni a terzi; Epifanio Agate, figlio del capomafia Mariano Agate già deceduto, per estorsione aggravata dal metodo mafioso e, anche lui, per attribuzione fittizia di beni a terzi; ed Angelo Castelli per favoreggiamento alle cosche di Mazara e di Castelvetrano.
I terzi in questione sono invece soci di tre aziende: la Medio Ambiente, di Filippo Siragusa, Paola Bonomo ed Andrea Alessandrino e le due società (My Land e Fishmar) di Rachele Francaviglia, Francesco Mangiaracina, Nataliya Ostashko e Nicolò Passalacqua. Tutti raggiunti dall’obbligo di dimora.
Ma è nelle campagne tra Mazara e Castelvetrano che tutto ebbe inizio, la mattina del 2 marzo 2010, durante un summit mafioso dove c’erano vari personaggi “di spessore”: Antonino Marotta, uno dei componenti della banda di Salvatore Giuliano, consigliere di fiducia di don Ciccio Messina Denaro prima e del figlio Matteo dopo; Vito Gondola, reggente della cosca di Mazara, accompagnato da Carlo Loretta, pregiudicato mafioso mazarese; Giovanni Filardo, cugino del superlatitante poi arrestato nell’operazione Golem 2, meno di due settimane dopo.
In quell’occasione bisognava decidere come spartirsi i proventi degli appalti per la costruzione del parco eolico “Vento Di Vino”.
Anche la sede della ditta Mestra (Materiale Edile Scavi Trasporti Recuperi Ambientali) era spesso teatro di incontri fra boss mafiosi, organizzati dai fratelli Loretta che gestivano anche una discarica per lo smaltimento dei rifiuti e il recupero ambientale. Una discarica che agiva in regime di assoluto monopolio, essendo l’unica ad avere le relative licenze.
Nell’autolavaggio di Angelo Castelli, invece, il capomafia Vito Gondola discuteva con il suo sodale Carlo Loretta di sub-appalti e delle opere di sbancamento per il futuro ospedale di Mazara del Vallo.
La Mestra però, nel febbraio del 2014, era stata raggiunta da un’interdittiva antimafia della prefettura di Trapani, venendo estromessa dai lavori di ristrutturazione dell’ospedale.
Ed è per aggirare quest’interdittiva che i mafiosi decisero di creare la società cooperativa Medio Ambiente. E a questo scopo coinvolsero due dipendenti della Mestra (Anna Bonomo ed Andrea Alessandrino) e Filippo Siragusa, giornalista del Giornale di Sicilia che, da qualche tempo collaborava con la Mestra nel procacciare attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi e di dismissione di manufatti di amianto. In poco tempo venivano acquisite tutte le autorizzazioni per accedere agli appalti pubblici.
Sulla possibilità che il giornalista fosse all’oscuro del reale motivo della costituzione della cooperativa, la Polizia di Stato invece è chiara. Le intercettazioni telefoniche dei soci “permettevano di confermare l’interesse del Siragusa Filippo alla gestione dell’impresa accanto ai Loretta. L’indagine ha accertato che il Siragusa era perfettamente a conoscenza dello spessore criminale dei Loretta e del perché era stata costituita la Medio Ambiente”.
Senza contare che, “per circa un mese dopo la costituzione – scrivono gli inquirenti - era stato anche amministratore” della società stessa. E d’altra parte, più volte il giornalista si era incontrato con Giuseppe Loretta per parlare delle strategie di mercato per lanciare la nuova azienda. E quando il Giornale di Sicilia parlò del giro di pizzini scoperto nella prima operazione Ermes, il collaboratore del quotidiano rispose alle lamentele della famiglia Loretta per l’ampio spazio dedicato dalla stampa, dicendo che “sta nel gioco delle parti, i giornalisti gonfiano le cose”.
Se la Medio Ambiente, formalmente intestata a Siragusa, Bonomo e Alessandrino, era invece nelle piena disponibilità dei fratelli Loretta, ci sono altre due società, sempre intestate a terzi, che invece erano di Epifanio Agate (figlio del boss Mariano Agate, ormai deceduto): la My Land e la Fishmar.
I soci di fatto erano l’Agate e Francesco Mangiaracina, cognato del collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori che, per sfuggire alla normativa di prevenzione antimafia, avevano intestato le quote della My Land alle mogli Rachele Francaviglia e Natalyia Ostashko. In seguito, a causa di problemi con le banche, il 95% delle quote della società era stato intestato alla Ostashko ed il 5% ad un uomo vicino all’Agate: Nicola Passalacqua, che ne era diventato l’amministratore.
L’operazione Ermes 2 chiaramente ha comportato il sequestro del capitale sociale e dei beni aziendali della Mestra, ma anche della Medio ambiente e della My Land.
Ciò che ha colpito di più è stato però il coinvolgimento di Filippo Siragusa, molto noto a Castelvetrano che ha dichiarato: “Ci sono momenti nella vita in cui ti arrivano dei colpi che non ti aspetti. Avrò modo di chiarire ogni cosa ai magistrati. Ho fiducia in loro e sono certo che presto sarà tutto chiarito in merito alle accuse che mi sono state rivolte. Dire altro in questo momento non serve. E’ un momento difficile per me e per i miei cari. Questo territorio mi conosce da troppi anni e sa come ho sempre agito come giornalista e lavoratore precario. Buon Natale”.
Di diverso avviso invece il Questore Maurizio Agricola: “Purtroppo era uno di quegli insospettabili che, ben consapevole della caratura mafiosa dei fratelli Loretta, si era intestato una società nuova, la Medio Ambiente, per permetter loro di aggirare la normativa antimafia”.
Ad ogni modo si è trattato di un’operazione che ha dato conferma del saldo legame tra le cosche mafiose di Mazara del Vallo e di Castelvetrano, con Matteo Messina Denaro che detta come spartirsi gli appalti e risolve le varie controversie segnalategli da Vito Gondola. Le condizioni però diventano sempre più difficili ed anche il ricorso a persone insospettabili, potrebbe, come in questo caso, non funzionare più.
Egidio Morici