Svanisce definitivamente il sogno di realizzare la pista ciclabile che doveva congiungere Trapani a Marsala. Si è posto fine alla vicenda con il pagamento da parte del Libero Consorzio Comunale dell’importo di 3.387 euro di interessi legali, sulla somma di 123.500 euro, richiesta e restituita alla Regione Sicilia a settembre del 2016, dopo che era stato revocato il finanziamento dall’assessorato regionale alle Infrastrutture. Della pista ciclabile rimane appena uno stralcio, il tratto “Trapani-Museo del Sale di Nubia” che non è mai stato completato, e proprio per questo motivo era arrivata la revoca. La burocrazia mette definitivamente fine ad un progetto avviato nel lontano 2001 dall’allora presidente della Provincia di Trapani Giulia Adamo. Poco più di 30 km di percorso ciclo-pedonale-culturale, la “greenway” che doveva mettere in collegamento le bellezze naturali, archeologiche, storiche e ambientali che si trovano lungo la costa tra Trapani e Marsala.
Nel 2001 il progetto del tratto iniziale, realizzato dall’ingegnere Paolo Simon, prevedeva un importo di spesa di 929 mila euro di cui 670 mila per lavori, compresi gli oneri di sicurezza. A settembre del 2002 con un’asta pubblica venne affidato l'appalto alla ditta “Di Bella” di Catania. Qualche giorno dopo, il 7 ottobre, i lavori furono consegnati fissando la data di ultimazione al 4 agosto del 2003. La somma totale di compartecipazione della Regione Sicilia era di 465 mila euro. Purtroppo si presentarono subito dei problemi di natura tecnica e amministrativa e la mancanza di un’autorizzazione da parte del Genio Civile causarono la sospensione avvenuta il 30 luglio del 2004.
L’anno successivo la ditta incaricata intraprese un lungo contenzioso con la Provincia che si chiuse con la risoluzione del contratto. Nessuno dei successori di Giulia Adamo: Tonino D’Alì, Mimmo Turano, né tantomeno i commissari Luciana Giammanco e Antonio Ingroia riuscirono a sbloccare la situazione. L'ex pm Ingroia, per la verità, l’ultimo giorno di servizio a Trapani - eravamo nel novembre del 2014 - disse che i lavori sarebbero ripresi e completati entro un anno e nel tentativo di arginare la richiesta di revoca del finanziamento da parte della Regione, avanzata già nel 2011, si cercò in extremis di riprendere il progetto e di formulare una nuova soluzione per il completamento, ma anche in quel caso l’Ufficio Tecnico del Libero Consorzio ha confermato la natura “insormontabile” dei problemi che non hanno permesso di completare l’opera.
Con la restituzione, prima della somma finanziata e ora con il pagamento degli interessi si chiude una vicenda paradossale che è l’ennesima dimostrazione, sempre più frequente, dell’incapacità degli amministratori pubblici di realizzare dei progetti di pubblica utilità anche quando ricevono i finanziamenti per essere portati a termine. Forse per ricordarcelo e ricordarlo alle generazioni future si potrebbe ripristinare il cartello che un tempo indicava i lavori in corso e stavolta scrivere: “Volevamo costruire la pista ciclabile, ma non ce l’abbiamo fatta, scusateci...”.