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10/01/2017 06:15:00

Trapani e gli altri comuni al voto. La responsabilità di una nuova classe dirigente

Ogni volta è così. Ci sono sempre grandi propositi e grandi aspettative quando una campagna elettorale è alle porte. E quest’anno in provincia di Trapani vanno al voto tre città fondamentali per il territorio, Trapani, Castelvetrano ed Erice. 

I candidati in corsa ripetono un copione che vale per ogni città: tutto è da ricostruire, come se fosse passato un uragano. Le città si spaccano, si dividono per uno o per l’altro candidato a guidare il Comune, e poi di nuovo, con gli elettori che ad un paio di mesi dalla chiusura delle urne sarebbero pronti a tornare a votare, scontenti delle gesta del “cardillo”.
Quest’anno la politica in provincia di Trapani si gioca molto, e la credibilità di questo territorio può passare dalle prossime elezioni amministrative.
Prendiamo Trapani, arriva da una sindacatura, quella di Vito Damiano, che è stata un continuo tirare a campare già dopo sei mesi dal voto. Il suo alleato di primo piano, l’ex sindaco Mimmo Fazio, lo ha mollato dopo poco tempo, e il generale ha trovato diverse sponde, molto instabili per la verità, per portare avanti la sindacatura. Certo era difficile fare il sindaco di una città che per dieci anni è stata amministrata da un uomo, Fazio, che aveva alle spalle il partito di Berlusconi e D’Alì, e che veniva da anni di strapotere per il centrodestra da queste parti. Adesso tutto si mette in gioco, con il pallino che si è spostato dalle parti del Partito Democratico, che anche per questa competizione rischia di inventarsi di tutto per perdere le elezioni. Le primarie del Pd sono saltate all’ultimo, con la candidatura unica di Pietro Savona. Fuori Safina, fuori Abbruscato. Il centrosinistra di Trapani si presenta con una formazione ancora da definire, e con un Paolo Ruggirello che è l’uomo nuovo del Pd. L’uomo che da solo può spostare gli equilibri, che ha di fatto tenuto a galla fino ad oggi Vito Damiano. E se il Pd deve trovare una fisionomia, dall’altra parte ci sono due pezzi da novanta che correrebbero anche da soli. Mimmo Fazio è pronto a tornare a guidare la città, per un remake del suo decennio da molti definito fiorente, anche se amministrava quando i comuni potevano utilizzare quei soldi che avevano in cassa o che riuscivano a trovare in giro. E poi c’è Antonio d’Alì, il senatore. E’ passato indenne dai governi tecnici, ha mantenuto il suo posto in Parlamento, e da 20 anni detta la linea del centrodestra e del governo trapanese da Roma. Lui è pronto a chiudere la carriera nella sua città, nel Palazzo che porta il suo stesso nome, e questo anche se Forza Italia e la destra sono praticamente inesistenti, da Trapani a Palermo.
Si congiunge per un incrocio con Erice, Trapani. Due città che per alcuni dovrebbero stare insieme, per molti invece va bene tenerle separate da una strada, e ognuno pensi per sé. Qui la situazione politica è ancora ingarbugliata, con le primarie che devono compiersi per il centrosinistra. Ma c’è un dato che deve responsabilizzare e far riflettere ancora di più chi vorrà amministrare la città. In cima al monte c’è uno dei borghi più belli d’Italia, un autentico gioiellino. Bene, Erice è in lizza per diventare Capitale Italiana della Cultura 2018. Un momento per la politica per riflettere sul metodo di amministrare un territorio con responsabilità e cultura, soprattutto cultura della cosa pubblica, senso di appartenenza ad un territorio che a causa dei personalismi perde ogni giorno una percentuale di fascino.
E poi c’è Castelvetrano. E’ la città in cui è nato Matteo Messina Denaro, il boss latitante numero uno in Italia. Proprio da lì, proprio dalla Castelvetrano di Messina Denaro deve arrivare la scossa. La città si presenta alle elezioni con un consiglio comunale che si è sciolto dopo il caso di Lillo Giambalvo, il consigliere comunale processato per mafia, assolto, ma le cui dichiarazioni registrate in un’intercettazione non sono da personaggio che ricopre un incarico pubblico. A telefono con un amico inneggiava al boss. Ora Castelvetrano ha bisogno di una classe dirigente credibile, che non solo non faccia affari con la mafia, come è successo fino ad oggi, che non faccia passerelle antimafia giusto perchè fa figo e porta voti. Una classe dirigente che metta al primo posto l’etica e che attraverso la buona amministrazione riduca i terreni in cui riesce ancora a radicarsi Cosa nostra.


Francesco Appari