Pubblichiamo di seguito l'intervento del giornalista Nicola Biondo pronunciato in occasione della cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria a Giuseppe Gulotta, ad Alcamo. Nicola Biondo è autore, proprio con Gulotta di Alkamar, il libro che racconta la vicenda di Gulotta, che ha trascorso 22 anni in cella per un duplice omicidio mai commesso. Lo Stato ora gli darà un indennizzo di 6,5 milioni.
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Che cosa chiede un uomo ad un suo simile?
Di essere riconosciuto come tale pur nelle differenze, nei contrasti, nelle scelte diverse che si fanno ogni giorno: di essere trattato con umanità.
Quando ci dimentichiamo che il nostro vicino di casa, il nostro compagno o compagna di vita, lo sconosciuto che incontriamo per strada è sì diverso ma è come noi, neghiamo l'umanità intera e noi stessi.
Giuseppe Gulotta sa bene cosa significano queste parole. Per 36 anni a Giuseppe è stato negato tutto - una vita normale, gli affetti, la serenità, un progetto di vita. E' stato trattato da mostro, il mostro di Alcamo, l'assassino spietato capace di sparare a sangue freddo.
A Giuseppe è stato negato persino di dichiararsi innocente: per costringerlo a mentire, ad accusarsi di un crimine mai commesso, degli uomini hanno deciso che non andava trattato da uomo, non aveva diritti, tutele, non meritava rispetto come essere umano e quindi poteva e doveva essere torturato, piegato, umiliato.
Perché questo è avvenuto?
Perché additarlo come colpevole avrebbe chiuso le indagini su quell'orrendo crimine, perché avrebbe distolto l'attenzione su altro che non fossero i colpevoli e il vero movente, perché così la gente avrebbe tirato un sospiro di sollievo, sentendosi più protetta.
Giuseppe Gulotta è diventato un capro espiatorio, il colpevole perfetto.
Una folla urlante il 13 febbraio 1976 ad Alcamo lo ha insultato dopo una notte d'inferno in cui ha subito ogni tipo di umiliazione. In tanti hanno puntato il dito in quella piazza, in quei giorni, contro di lui e chissà quanti altri hanno invocato la pena di morte, lo hanno maledetto, lo hanno giudicato come il più abbietto degli uomini.
La rabbia, la paura, la vendetta sono delle bestie imbizzarrite: quando le cavalchiamo non sappiamo dove ci porteranno, quanto e in che modo ci cambieranno.
Immaginate se nel 1976 ci fossero stati internet, Facebook, i giornali on line dove commentare le notizie. Cosa avremmo letto dopo l'arresto di Giuseppe?
Cosa avremmo scritto? Cosa avremmo urlato contro Giuseppe? Quanti giudici improvvisati avrebbero infierito su di lui?
Quello che qui vediamo accanto a noi non è solo un uomo: è una lezione di vita.
Di fronte alle sentenze, alle bugie, ai giudizi sommari, Giuseppe Gulotta ha risposto come ha risposto Socrate, quando di fronte alla condanna ingiusta ha accettato di morire pur di rispettare le leggi del suo Paese. Giuseppe ha accettato la più grande delle ingiustizie perché sapeva di essere innocente e voleva dimostrarlo. E' un cittadino modello, è stato un detenuto modello: non ha urlato, non ha barattato la sua dignità, non è fuggito.
Ha combattuto fino in fondo e alla fine ha vinto.
Questa è la sua lezione di vita, tragica ma straordinaria: chi mantiene la dignità vince sempre contro ogni avversità perché non ha venduto se stesso.
In un mondo che cerca la notorietà e il successo a tutti i costi, possiamo dire che Giuseppe Gulotta è davvero un vincente, uno di quelli di cui l'umanità dovrebbe andare fiera. La forza della sua innocenza lo ha fatto scontrare contro l'ottusità degli uomini e della burocrazia, contro la cattiveria, contro l'ingiustizia. E' un vincente perché nonostante tutto ha sempre rispettato le leggi del suo paese, non ha mai cercato vendette, non si è mai lasciato andare a giudizi sommari, non ha mai confuso le persone che gli hanno causato tutto quel dolore con la funzione che in quel momento ricoprivano, con la divisa che indossavano, con il ruolo che avevano.
Non sono parole vuote, facili slogan, Giuseppe lo ha fatto davvero e ad un prezzo altissimo ma alla fine ha vinto. Ditemi voi se questo non è un cittadino di cui essere orgogliosi.
Ed essere vincenti significa anche essere generosi: per questo come è noto Giuseppe ha deciso, con i suoi avvocati che in questa lotta ha scoperto amici e fratelli, di impegnarsi in prima persona dando vita ad una Fondazione che porterà il suo nome perché non avvenga mai più che ci sia un altro Giuseppe Gulotta.
Non è facile essere amico di Giuseppe. Perché ti mette di fronte ai tuoi difetti, alle stupide ambizioni.
Dei tanti regali che mi ha fatto - a partire dal volermi con lui nella scrittura di Alkamar, il racconto della sua vita in carcere da innocente - di uno gliene sarò sempre grato.
Grazie a lui, e seguendo i mille rivoli della sua storia, ho avuto in dono un altro paio di occhi. Vedere il mondo con gli occhi di Giuseppe è rivoluzionario.
"Mi hanno salvato le persone che hanno, nonostante tutto, continuato ad amarmi: da solo non ce l'avrei mai fatta" - mi ha detto una volta mentre scrivevamo il nostro libro.
E' questo il segreto che ho visto negli occhi di Giuseppe: puoi possedere tutto l'oro del mondo ma se non hai intorno nessuno, non vedi niente, non hai niente, non sei niente.
Oggi intorno a Giuseppe vedo molte persone. Ed è una cosa che mi rende felice per lui. Nessuno può capire quanta solitudine abbia provato, quanto sia stato difficile crescere soli, lontani dai propri affetti con l'abito dell'assassino cucito addosso.
Si nasce e si muore tante volte nel corso della nostra vita: le cose belle e quelle brutte ci cambiano, le delusioni modificano i nostri sentimenti.
Giuseppe lo sa perché è nato tante volte: la prima qui ad Alcamo, in una piccola casa, umile, che lui e la sua famiglia dividevano con un mulo. Ed è qui ad Alcamo che Giuseppe è rinato: dopo l'assoluzione del 2012 che lo ha restituito finalmente alla vita e alla sua famiglia, mi ricordo di averlo visto felice e sollevato di poter tornare nella sua terra senza quel peso mostruoso che ha avuto sulle spalle per tutta la vita.
Oggi l'amministrazione comunale di Alcamo riconosce per la seconda volta come proprio figlio Giuseppe Gulotta. Lo riporta ancora una volta alla vita, lo riconosce come suo cittadino, lo onora per la sua condotta di uomo esemplare.
Lo fa 41 anni dopo un fatto orribile, la morte di due giovani cittadini, innocenti anche loro. Una morte orribile perché non ha colpevoli, non ha moventi e ha precipitato le loro famiglie in un dolore che non ha fine.
In chiesa si dice, scambiamoci un segno di pace.
Oggi l'amministrazione di Alcamo ha dato finalmente un segno di pace per molte cose successe, per tante persone che hanno sofferto,per la memoria di chi non c'è più e per chi come Giuseppe ha resistito e vinto.
E di questo vi ringrazio.