Si comincia con le istruzioni prima del decollo. A sipario chiuso Andrea Scaturro, assistente di volo sui generis, impettito e professionale, avvisa il pubblico su come comportarsi durante lo spettacolo e in caso di emergenza. Le battute si rincorrono come le trovate escogitate per adattare al contesto teatrale la procedura prima del decollo, senza tralasciare frecciatine al vetriolo comprendibili solo a chi sa intendere.
Giovanna la parrucchiera, lady Giniusa, è stata catapultata in un’epoca passata, quella degli abiti in crinolina e da lì fa capolino come le eroine romantiche dei grandi classici. Ama e si dispera, trova il coraggio d’ infrangere le convenzioni del tempo. Sì, ma tutto questo a modo suo. Le riscatta tutte dai tragici epiloghi con la vis comica degna del grande Pippo della Walt Disney, sbagliando il binario del treno che avrebbe dovuto porre fine alle sue sofferenze.
Da sola, popola di personaggi la scena, come fosse posseduta, un colpo secco di ventaglio e il gioco è fatto. Trasformista implacabile. Gianfranco Manzo è bravo davvero, lo è sempre stato, e sa vestire i panni di una squacchiatella con la stessa serietà di un Caligola. Giovanna la parrucchiera incarna una marsalesità che tutti conosciamo, anzi un po’ tutti lo siamo stati in qualche frangente. Se non nei modi sicuramente attraverso le esclamazioni, da attìa fino a statti. Onore al merito per la riesumazione di termini dialettali spiccatamente marsalesi, ancor più che siciliani, pajollo ad esempio. Perché poi abbiamo smesso di usare questo termine, che racchiude in sé un intero trattato sociologico sul fenotipo? Non esiste il corrispettivo nella lingua italiana che lo racchiuda in toto. Un tonfo al cuore, poi, nel sentire intonare la nenia perduta dell’infanzia , che qui ripropongo per intero supportata dalla memoria di Antonella:
Bottu, bottu, bottu bottu,
'ntisi chianciri u beddru picciottu.
Eu ci rissi: picciottu chi hai?
E c'aviri, mi maritai.
Mi maritai c'una schetta rugnusa,
Mi capitau una mugghieri fitusa.
E dopu tant'anni chi misi pinzeri,
mi l'arrubbaru i carrabbineri.
Un lavoro sul testo fatto di rimbalzi e rime, alcune esilaranti altre un po’ meno, qualche parolaccia di troppo, forse, ma la volgarità risiede nel messaggio prima ancora che nelle parole, e non è questo il caso. La stesura ha seguito un fil rouge ben definito, ordito con la satira di costume e il dileggio.
Impossibile non sentirsi a casa durante uno spettacolo di Giovanna la parrucchiera, si torna bambini a rincontrare una parente o anche solo una vicina di casa. Insomma, personaggi che hanno attraversato la nostra infanzia e ora vanno sbiadendo. Abbiamo barattato un po’ tutti quelle carnose espressioni dialettali con l’ inopportuno piuttosto che o un come dire. Stiamo perdendo un repertorio linguistico straordinario, i nostri figli non conoscono il dialetto dei nostri padri, comunicano con le emoticon e gli acronimi, e qualcosa mi dice che non ci stiamo guadagnando in termini linguistici.
Ho sperato in qualche altra incursione sulla scena da parte di Andrea Scaturro, uno spreco davvero nel solo ruolo di regista. Uno spettacolo leggero, ma che ha richiesto un duro lavoro a chi lo ha scritto e a chi lo ha interpretato. Scomodare i classici per parodiarli è molto più difficile di quanto si possa immaginare. Occorre averli introiettati per poterne restituire una maschera storpiata e goffa e lo scivolone nello scimmiottamento è sempre in agguato.
L’offerta culturale a Marsala è molto variegata, nonostante tutto, ed è appagante poter saltare da un genere all’altro senza discriminare. Una serata all’insegna del divertissement che coinvolge lo stesso pubblico delle rappresentazioni più impegnate, perché chi ama il teatro conosce le regole de le gran jeu .
Katia Regina