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17/02/2017 08:47:00

La storia del magistrato di Agrigento sorpreso con il pusher che gli passava la cocaina

 Un giudice, di 35 anni, in servizio al tribunale penale di Agrigento ha chiamato al telefono lo spacciatore per chiedere della cocaina. I poliziotti della Narcotici, ascoltano la telefonata, ma ancora non sanno che a chiedere la polvere bianca sia proprio un giudice. Gli agenti, da ore stanno intercettando il pusher e stanno seguendo i suoi movimenti. Una squadra è incollata alle cuffie, nella sala ascolto della squadra mobile; un’altra è mimetizzata fra i ragazzi della movida e osserva ogni passo di Antonino Di Betta, che è sfuggente, prudente più che mai, gli investigatori non sono ancora riusciti a sorprenderlo con un cliente.

Da qualche minuto è passata la mezzanotte. Il giudice telefona tre volte allo spacciatore per avere un appuntamento. «Compare dove sei?», ripete. «Sono in via Mazzini», gli dice Di Betta. È davanti al Chatulle pub, uno dei locali più gettonati delle notti palermitane. Lo spacciatore e il giudice si salutano, scambiano qualche parola. È un attimo. I ragazzi della Narcotici piombano sull’insolita coppia. Di Betta ha 25 dosi di cocaina in tasca, evidentemente sperava di fare grandi affari. Invece, si ritrova in manette. L’uomo che è accanto a lui non ha droga in mano, e neanche in tasca.

Ma appare comunque nervoso. Mette la mano nella giacca e tira fuori un tesserino: «Sonoun giudice», dice. Come a chiedere chissà cosa. Ma fa poca differenza per i poliziotti della Mobile di Palermo. Si segue la procedura di ogni volta, si segue la legge.

E, adesso, c’è anche il nome del giudice nella lista dei clienti eccellenti degli spacciatori della cosiddetta “Palermo bene”. Accanto ai 15 avvocati, all’assistente di volo, a due noti ristoratori del centro città, al dentista, all’assicuratore.

LE INDAGINI. I cinque presunti pusher arrestati martedì scorso a Palermo – Stefano Macaluso, Antonino Di Betta, Danilo Biancucci, Giovanni Fiorellino e Alessandro La Dolcetta – si sono avvalsi della facoltà di non rispondere davanti al gup Guglielmo Nicastro.
I loro avvocati non hanno fatto richieste sulla misura cautelare e quindi rimarranno in carcere. Secondo l’accusa rifornivano professionisti e personaggi della cosiddetta Palermo bene. Tra i clienti dei pusher c’era anche un magistrato in servizio ad Agrigento.

Fermato dalla polizia, prima avrebbe cercato di difendersi, utilizzando anche la sua posizione, poi avrebbe ammesso. Quello del giudice è un episodio che non è confluito nell’ordinanza di custodia cautelare, ma pur non essendogli contestati reati, gli atti sono stati mandati alla Procura generale per eventuali procedimenti disciplinari.