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26/02/2017 07:05:00

"Stalker", i film di Marco Bagarella; “Giorno per giorno, disperatamente”

 

 #6 “Giorno per giorno, disperatamente” (1961, dramma, 95’ minuti circa)

 

di Marco Bagarella - lSul cinema italiano del disastro esistenziale, molto ci sarebbe da raccontare.

Ma non avendo qui spazio per trattare e ritrattare, ci si dovrà accontentare di una smilza e diafana assunzione. La nostra pagina domenicale che diventa – anche solo per questa volta –, un canovaccio di allusione e di conoscenza, che indica dei percorsi di visione che potete scegliere in piena libertà se sviluppare o meno. Sì, e per vedere cosa? E’ di un cinema, che possiamo intendere come angoscia sottile per anime flagellanti, che ci stiamo qui interessando! Qualcosa che il realismo (padre in costume fascista, troppo presto derubricato a legaccio di regime) ed il neorealismo (pallida madre di figli presto degeneri), procrearono tra gli anfratti del corpo sociale, e che partorirono nelle pupille spiritate di grandi e piccoli registi. Oggi – questi ultimi – sconosciuti ai più.

C’è un filo rosso cupo che annoda e stringe a sé alcune opere filmiche, stranianti e senza tempo, che attraversano i due decenni del nostro secondo dopoguerra; imprese cinematografiche che sulla loro strada hanno trovato quasi mai adesione e successo, e quasi sempre incomprensioni, contrarietà, addirittura prevaricazioni. E se ve ne domandate il perché, basta ricordare che tra le faglie sismiche di questi flussi di immagine e di parola, tra queste strette gole di un sentiero narrativo tormentato e tortuoso, si aprono – improvvisamente – lande desolate dove il nostro animo di uomini moderni, può correre il rischio di sedersi e riflettere sul destino ultimo. Dell’esistenza. Come della morte. Del lavoro alienante. Della terza età che annulla il concreto e della giovinezza che reprime i sogni. Di sentimenti che deragliano, non comprendendo il loro senso sociale oltre che privato. Così come della famiglia quale luogo di contrasto insanabile.

Insomma, rogne; rogne spastiche che non trovano requie.

 

Per portarvi a cavallo di questo ottovolante domenicale, così come l’ho inteso e costruito in un quasi asfissiante ‘cinque-film-5’, lecito sarebbe partire dall’opera-matrice e cioè “Giorno dopo giorno, disperatamente”. Un esordio che Alfredo Giannetti inizia a definire mentre si cimenta alla sceneggiatura di “L’uomo di paglia” di Germi, e che gli porterà via due anni di lavoro di scrittura; dal film di Germi, frutto tardo e molto problematico del neorealismo così pienamente inteso, Giannetti – che di Germi è fedele collaboratore e fine adattatore – cattura il nucleo centrale della storia. Una famiglia che viene messa a dura prova dall’esplodere delle passioni e delle rivendicazioni esistenziali. Mentre lì tutto prende spunto dall’assenza della moglie e del figlio gravemente ammalato, qui è la malattia schizofrenica di uno dei figli a fare da agente chimico per l’implodere degli eventi. E se nel finale di “L’uomo di paglia” il protagonista Andrea si sente “miracolosamente riunito” alla sua famiglia, quasi come “dopo una tempesta”, nel film che oggi Tp24.it vi propone, l’ordine viene fuori dal caos ad un prezzo altissimo di dramma e di solitudine. Quello di Giannetti è un film di mirabile equilibrio, ma che innegabilmente gioca tutte le sue carte sulla recitazione degli attori coinvolti. Da un lato la misura attoriale di Tino Carraro, di Mario Scaccia, di Riccardo Garrone e di Franca Bettoja, e dall’altro l’incredibile simbiosi artistica di due giovani (nessuno dei due è ancora trentenne) come Nino Castelnuovo e Tomas Milian. Una coppia collaudatissima, che proprio in quell’anno girò addirittura tre film prima di vedere divise per sempre le proprie sorti; Castelnuovo indirizzò le sue scelte verso il teatro e la tv (divenne famoso al pubblico italiano, grazie alla parte di Renzo nei “Promessi sposi” di Bolchi), mentre Milian espresse al meglio il suo istrionismo nel nascente filone dello ‘spaghetti-western’.

 

Di cinema del ‘mal di vivere’ si parlava all’inizio, di opere che oggi vengono considerate capolavori assoluti dell’arte, ma che affondano così tanto le loro radici nel terreno dell’inquietudine e del tormento, da diventare strumenti di rigore analitico, di asciutta stringatezza che può tanto avvincere quanto indisporre, di osservazione acutissima di un ambiente – quello urbano, in particolare – che accoglie ed opprime allo stesso medesimo tempo.

Film che raccontano, partendo da spunti di umana considerazione, il fallimento dell’impalcatura ideologica della società moderna dinnanzi allo stranirsi della coscienza (“Europa ‘51” di Roberto Rossellini, “Umberto D.” di Vittorio De Sica), o dell’annientamento sociale dell’uomo all’interno di un meccanismo di ‘smascheramento’ dell’assurdo quotidiano (“I giorni contati” di Elio Petri, “Un uomo a metà” di Vittorio De Seta). Insomma, questi cinque film sono tutti degni della vostra massima attenzione, perché visti uno dopo l’altro – in una sorta di ‘trance’ omocinetica –, davvero illuminano di una luce estremamente attuale il loro racconto che è legato ad un’età trascorsa e, purtroppo, difficilmente ripetibile della nostra industria cinematografica.

 

Buona visione, alla prossima domenica ed al prossimo film!

Inbasso potete trvrovaretuttiilinc

 

 

Buona visione, alla prossima domenica ed al prossimo film!

 

https://www.youtube.com/watch?v=1mG_WHNp3qs (Giorno per giorno, disperatamente)

https://www.youtube.com/watch?v=m34a_Roe6OM (“Umberto D.” di Vittorio De Sica, 1951)

https://www.youtube.com/watch?v=HR4_N0V7Ijs (“Europa ‘51” di Roberto Rossellini, 1952)

https://www.youtube.com/watch?v=GgZQsHV0Z58 (“I giorni contanti” di Elio Petri, 1961)

https://www.youtube.com/watch?v=6dNgjmr9sBA (“Un uomo a metà” di Vittorio De Seta, 1966)