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05/03/2017 09:07:00

"Ci sono mani" di Lucio Zinna

 «Ho sempre pensato che filosofia e poesia non siano due sostanze separate, ma due intensità che tendono l'unico campo del linguaggio in due direzioni opposte: il puro senso e il puro suono». A parlare è il filosofo Giorgio Agamben in un’intervista rilasciata a la Repubblica e perfetta sintesi del suo pensiero potrebbe sicuramente ravvedersi nell’opera del poeta siciliano Lucio Zinna.

Zinna, sulle tracce dei presocratici che componevano metricamente i loro trattati sulla «natura delle cose», intesse i suoi testi con aghi invisibili/ che svelano il mondo/ e quanto lo sovrasta. La spola della sua poetica è il quotidiano, il banale, che vela l’abisso del senso custodito in sé.

Ci sono mani, tratto dalla silloge La porcellana più fine (Sciascia editore, 2002) è un trascendente definitivo atto d’amore rivolto alla madre del poeta. La poesia è disposta con tattile espressività come se fosse un’elegante tessitura interrotta dalle trame fitte e nostalgiche del pensiero. Se toccare l’anima è impossibile per le mani di qualsiasi uomo, Zinna ci insegna che oggi è ancora possibile farlo con quelle della poesia.

 


 

                                                         No saben que la mano señalada

                                                        Del jugador gobierna su destino

                                                                   J.L. Borges, Ajedrez

 

Ci sono mani che  «lavano» coscienze

                                                             nell’indifferenza e nell’ipocrisia

e mani che le accendono a noumeni

                                                          kantiani  (modellano il pensiero

o si fanno tornio dell’anima )

                                              mani che asportano scirri

dalla viva carne con carezze

                                            di bisturi –  decise e musicali come

movenze di un archetto di violino –

                                                          e mani di giovinette che calano e alzano

lame su una suora per una ludica morte.

 

Nelle notti che precedevano le consegne degli abiti anche il mio sonno

infantile tardava a venire (per esplorare la veglia

farti compagnia che altro) agili le tue dita muovevano

ago e filo disponevano nella vecchia Singer onnicromatici

tessuti all’impulso del pedale la rotella spariva girando

come a sfrangiarsi in cerchi concentrici e in essi mi sperdevo

intanto che claudicava il dopoguerra.

 

Ci sono mani esili che pigiano tasti

                                                         bianconeri nella notte e mani

immani che si stringono nel buio

                                                     come morse  ci sono mani

che innalzano ostie trasparenti

                                                 o  dipingono la follia  con il colore

che sprigiona la digitalis o l’angoscia

                                                           trasformano in urlo di lacerante ovatta

ci sono mani di  clochard che nessuno

                                                              scorge tremare nel vento.

 

Ricordo  le tue dita muoversi lievi nell’aria – quella mattina –

prima che ci separasse un metal detector trascendente definitivo.

 

 

MARCO MARINO