«Ho sempre pensato che filosofia e poesia non siano due sostanze separate, ma due intensità che tendono l'unico campo del linguaggio in due direzioni opposte: il puro senso e il puro suono». A parlare è il filosofo Giorgio Agamben in un’intervista rilasciata a la Repubblica e perfetta sintesi del suo pensiero potrebbe sicuramente ravvedersi nell’opera del poeta siciliano Lucio Zinna.
Zinna, sulle tracce dei presocratici che componevano metricamente i loro trattati sulla «natura delle cose», intesse i suoi testi con aghi invisibili/ che svelano il mondo/ e quanto lo sovrasta. La spola della sua poetica è il quotidiano, il banale, che vela l’abisso del senso custodito in sé.
Ci sono mani, tratto dalla silloge La porcellana più fine (Sciascia editore, 2002) è un trascendente definitivo atto d’amore rivolto alla madre del poeta. La poesia è disposta con tattile espressività come se fosse un’elegante tessitura interrotta dalle trame fitte e nostalgiche del pensiero. Se toccare l’anima è impossibile per le mani di qualsiasi uomo, Zinna ci insegna che oggi è ancora possibile farlo con quelle della poesia.
No saben que la mano señalada
Del jugador gobierna su destino
J.L. Borges, Ajedrez
Ci sono mani che «lavano» coscienze
nell’indifferenza e nell’ipocrisia
e mani che le accendono a noumeni
kantiani (modellano il pensiero
o si fanno tornio dell’anima )
mani che asportano scirri
dalla viva carne con carezze
di bisturi – decise e musicali come
movenze di un archetto di violino –
e mani di giovinette che calano e alzano
lame su una suora per una ludica morte.
Nelle notti che precedevano le consegne degli abiti anche il mio sonno
infantile tardava a venire (per esplorare la veglia
farti compagnia che altro) agili le tue dita muovevano
ago e filo disponevano nella vecchia Singer onnicromatici
tessuti all’impulso del pedale la rotella spariva girando
come a sfrangiarsi in cerchi concentrici e in essi mi sperdevo
intanto che claudicava il dopoguerra.
Ci sono mani esili che pigiano tasti
bianconeri nella notte e mani
immani che si stringono nel buio
come morse ci sono mani
che innalzano ostie trasparenti
o dipingono la follia con il colore
che sprigiona la digitalis o l’angoscia
trasformano in urlo di lacerante ovatta
ci sono mani di clochard che nessuno
scorge tremare nel vento.
Ricordo le tue dita muoversi lievi nell’aria – quella mattina –
prima che ci separasse un metal detector trascendente definitivo.
MARCO MARINO