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23/04/2017 08:36:00

"Epigrafe in Sicilia" di Stefano D'Arrigo

L’etimologia della parola mare vive una perturbante ambiguità. Alcuni studiosi vorrebbero risalire al lemma dal sanscrito mar, «luogo di morte, deserto». Altri propendono per una radice identica nel suono, dissimile nel senso: màr è «ciò che splende, scintilla» e il suo scintillio non è affatto sterile, tutt’altro, è fecondo, è materno. Ecco il mare e il paradosso che vi alberga all’interno: essere morte e madre.

Questo nonsense linguistico per i cittadini di Alì Terme, comune messinese affacciato sulla costa ionica, si connatura come fattore quotidiano che permea la realtà marittima. Non poteva certo sfuggire o, meglio, non poteva non nascere figlio di tale antinomia il poeta Stefano D’Arrigo, autore del ciclopico romanzo-poema Horcynus Orca.

Nel 1957 D’Arrigo pubblica la raccolta Codice siciliano per le edizioni Scheiwiller - nel 1978 ripubblicato da Mondadori, oggi disponibile per i tipi di Mesogea - concentrandovi l’indomabile e furente voce del uomo che emigra. Il boato della terra assente edifica nel sentire poetico un baluardo alla nostalgia capace di ricreare l’eco dei flutti mediterranei negato alla vita dei siciliani esuli ma ancora custodi delle contraddizioni del mare.

 

 

Oggi per la nostra rubrica leggiamo da Codice siciliano la poesia Epigrafe in Sicilia.


 

 

Quest’uomo grida sottoluna a rissa,
grida la lama temperata d’estro,
quest’uomo al sole grida e ricorda
il senno di Sicilia nelle donne
che sprezzo lungo il fulvo sguardo hanno
per la sorte, il loro Nord malandrino,
Nord sempre duellato con olio e sale,
demone o Nord sul piatto incrociato,
quando Nord è più forte, o Sole o Luna,
o Italia quando sortilegio, statua
col seno palombino, col malocchio.
Lui, quest’uomo, se grida, ricorda
quelle donne avidamente che fanno
la ruota erette al suo corpo in giro,
le effigi pitagoriche, l’antenna
attratta con vertigine al maschio
e fu scirocco contro la corazza
di lui guerriero esteso in un rischio,
quanto annesso a quel sole, a quella luna:
in Sicilia, dove guerra, gentilezza…
Ecco quest’uomo più non è uomo
bruno che a Sud si gridi e ricordi,
più non sarà snello in un suo figlio,
tale da fargli a perdifiato terra,
terra in memoria ondosa di duelli,
seppure allunga i piedi verso oriente
e ha la mano a difesa sul petto
qui per un’ora d’alti gridi e ira.


MARCO MARINO