La poesia di questa settimana, La madre frigorifero, recita una dedica: «alle madri dei bambini autistici».
Il testo è tratto dalla sezione Autós contenuta in Nomi di cosa–nomi di persona (Marsilio, 2015) di Margherita Rimi.
Autós è parola greca che indica ciò che sta a sé, un individuo inteso fuori dal concorso umano, e nucleo diventa della patologia che preclude a qualsiasi forma di contatto esterno l’accesso ad una realtà interiore assolutizzante: l’aut-ismo.
La poetessa Rimi si concentra su ciò che resta fuori dal recinto dell’autismo e dà forma di versi ad una vera autopsia dell’intimità delle madri dei bambini autistici, orbate della possibilità di scavalcare quel recinto e abbracciare le creature guardiane delle loro esistenze. Donne ree di una colpa inesistente, la poetessa cita Bruno Bettelheim e la sua teoria delle madri frigorifero in cui le genitrici, vuote e fredde, vengono accusate di costringere i figli ad una prigionia senza vie di fuga.
Dagli anni Ottanta le idee di Bettelheim hanno progressivamente perso credibilità, per essere finalmente superate. È rimasto il dolore. E il pianto di una madre.
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La madre piangeva il suo bambino
Bettelheim disse che:
«è una madre frigorifero»
si convinse che
è colpa della madre
la colpa
si convinse che
c’è una colpa
che la scienza può dare la colpa
La madre piangeva il suo bambino che
non l’abbracciava.
MARCO MARINO