Cronaca di un successo annunciato: l’ultimo appuntamento di “38° Parallelo. Tra libri e cantine”, domenica 18 alla Cantina Caruso&Minini, è stato il degno epilogo per una rassegna eno-letteraria ricca di incontri, confronti col territorio, interrogativi e riposte.
«Questo venticinquennale è l’anno giusto per porsi dei dubbi» sostiene il giornalista Piero Melati, ultimo ospite della manifestazione, dialogando con il direttore artistico Giuseppe Prode. L’Italia vive una profonda fase di stasi, non sa se e come il suo principale cancro - la mafia - si sia trasformato e ha necessariamente bisogno di cambiare metodo di indagine. L’ultimo saggio di Melati Giorni di mafia, edito quest’anno per i tipi di Laterza, è un almanacco alternativo della storia del fenomeno mafioso: un racconto fatto di stragi e traffici di droga, sì, ma anche di libri, film, serie tv.
Per le pagine di Tp24 Piero Melati ha rilasciato una breve intervista:
Del venticinquennale delle stragi del '92 cosa resta? In questi anni, l'eco dell'eroismo dei pochi di allora oggi è riuscito a trasformarsi nel coraggio e nella coscienza dei più?
Molte cose sono cambiate. Altre smetteranno di cambiare se le generazioni nate dopo il 92 verranno allevate ad esercizi di retorica e a una memoria sterilizzata che smussa angoli e contraddizioni.
Nel suo libro Giorni di mafia capitoli segnati da cruciali date di cronaca nera o giudiziaria vengono affiancati a pagine dedicate a scrittori, registi, serie televisive. Da cosa è dettata questa scelta narrativa? E poi: a suo giudizio, qual è l'opera letteraria degli ultimi tempi che ha svelato l'anima nera della mafia con più lucidità?
Il giorno della civetta di Sciascia resta secondo me ancora oggi insuperato. Ho dato tanto spazio a scrittori, registi e serie TV perché penso che una materia come la mafia, per tanti versi inflazionata e resa esoterica dal linguaggio chiuso degli addetti ai lavori, cerchi oggi più che mai forme più alte e popolari di espressione. Per cui più che di libri usciti parlerei di sfida aperta: sapremo far compiere il salto a una materia che più che alle cronache nere somiglia di sua natura a una moderna tragedia greca?
Sempre fra le pagine di Giorni di mafia troviamo un capitolo su Pif. Lei scrive che il protagonista de La mafia uccide solo d'estate per raccontare il fenomeno criminale ha alleggerito i pesi, dando rappresentazione di una mafia «compatibile» con il nostro personale «romanzo di formazione». Che rischi comporta un'operazione di questo genere?
Convivere tutto sommato con la mafia, nel presente come nella memoria. Questo il rischio dell'operazione di alleggerimento. Non accettare quell'ironia un po' macabra e urticante che ebbero davvero i protagonisti di una stagione, e che oggi suona molto hard e noir, in favore di un più neutrale battutismo sentimentalista.
«Il rimedio ai problemi della Sicilia?» [...] «C’è». Ancora una pausa, più lunga. «L’aereo» (Leonardo Sciascia). Lei l'aereo lo vorrebbe prendere per sfuggire da questa terra irredimibile o trova che vi sia ancora possibile una speranza?
Io sono già fuggito da una terra irredimibile, in una stagione d'inferno come l'85-86. Sono perciò indubbiamente uno "scappato". Ma oggi ritengo che si debba tornare in Sicilia e battersi. Accettare finalmente quella che Sciascia chiamò la "corda pazza". Disse Novalis: dove si va? Sempre a casa.
Con Melati si conclude il ciclo di conversazioni che ha preso inizio giovedì 15 da Non c’è più la Sicilia di una volta (Laterza, 2017) di Gaetano Savatteri alla Cantina Barraco, seguito poi dall’incontro fra Tony Gentile e Salvatore Cusimano alle Cantine Florio (venerdì 16) e dalla riflessione sull’opera letteraria di Giacomo Di Girolamo alla Cantina sociale Birgi (sabato 17). La fine della rassegna ha già, però, negli occhi degli organizzatori un nuovo inizio. Giuseppe Prode, prima di salutare il pubblico, ha comunicato le date per il prossimo anno: “38° parallelo. Tra libri e cantine” torna nel 2018 dal 14 al 17 giugno. Ci aspettano memorie diverse. Nuovi approdi.
MARCO MARINO