Continuiamo la seconda puntata sulla figura dell’ultimo boss di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, qui potete leggere la prima parte. Messina Denaro come sappiamo è un mafioso atipico, è ateo, e un’altra sua caratteristica che lo contraddistingue dagli altri boss è quella di avere avuto sempre tante donne attorno a sé, sia prima che durante la latitanza.
Le donne - Uno dei suoi più grandi amori fu Andrea Haslehner. Una bellissima ragazza Austriaca che veniva a lavorare d’estate all’Hotel Paradise Beach Beach a Selinunte. Della ragazza però era innamorato anche il vicedirettore dell’albergo Nicola Consales, il quale non accetta ovviamente la relazione tra Andrea e Messina Denaro e va dicendo in giro che caccerà quei quattro mafiosetti che ogni sera vanno in albergo. Non fece in tempo, la sentenza del boss fu emessa ma non fu lui ad ucciderlo ma i suoi uomini la sera del 21 febbraio del ’91. Quando inizia la latitanza Messina Denaro sembra trovare una compagna stabile, è del suo paese, Castelvetrano, e si chiama Franca Alagna. Il 17 dicembre del 1995 nasce la figlia Lorenza che porterà il nome della madre. Ma il boss dopo la nascita della figlia ha una nuova relazione questa volta con una ragazza del palermitano, Maria Mesi, sorella della segretaria del re della sanità siciliana Michele Aiello. Le ultime notizie riguardo un suo avvistamento nel 2003 a Valencia, in Venezuela, lo vogliono in compagnia di una donna, bellissima e straniera.
Gli omicidi – Sono tante le persone che Messina Denaro ha ucciso o fatto uccidere. Ha iniziato a sparare giovanissimo e a diciotto anni ha commesso il suo primo omicidio. “Con le persone che ho ammazzato potrei riempirci un cimitero”, sono le sue parole. Il boss di Alcamo Vincenzo Milazzo e la compagna Antonella Bonomo sono tra le sue vittime. Milazzo era un fine raffinatore di eroina e ad Alcamo si trovava una delle più importanti centrali di lavorazione della droga. Milazzo è uomo dei corleonesi, ma finita la guerra di mafia, vorrebbe scappare via con la sua Antonella e cambiare vita. Inizia a parlare male dei suoi superiori e quando gli dicono erroneamente che hanno arrestato Riina organizza una festa. Riina viene a conoscenza dei fatti ed emette la sentenza. Prima Milazzo e qualche giorno dopo la compagna, che era in attesa di un bambino, vengono eliminati e seppelliti nella stessa buca. Messina Denaro entra in azione ad Alcamo e Marsala. Ci sono gruppi che si oppongono ai corleonesi. Ad Alcamo muoiono 40 persone tra cui Felice Buccellato. Messina Denaro assieme al padre partecipa agli omicidi di quattro boss alcamesi: Filippo Melodia, Damiano Costantino, Giuseppe Colletta e Vito Varvara. A Marsala, sempre agli inizi degli anni ’90, alcuni boss si dissociano dai corleonesi per allearsi con gli stiddari di Agrigento. I dissidenti con a capo Carlo Zichittella voglio prendere potere con l’aiuto dei nemici storici dei corleonesi. Agli inizi del ‘92 cadono i capimafia Vincenzo D’Amico e Francesco Caprarotta, vittime di lupara bianca. Poi è la volta di Gaetano D’Amico, fratello di Vincenzo. Ed ancora Antonino Titone e poi amici e parenti di Zichittella, tra cui il padre Vanni, ucciso a porticella a bordo di una vespa mentre comprava dei pesci.
Rappresentante provinciale - Come abbiamo già raccontato, se Matteo Messina Denaro non potrà essere il capo di Cosa Nostra, di fatto lo è però da tempo su tutta la provincia di Trapani, di cui è rappresentante dei quattro mandamenti: Castelvetrano, con le sue cinque famiglie, Mazara del Vallo quattro famiglie, Alcamo tre e Trapani con quattro. Attorno al boss castelvetranese lo Stato in questi anni ha stretto il cerchio. I suoi parenti, il fratello Salvatore, la sorella Patrizia, i cognati Vincenzo Panicola e Gaspare Como e ancora il nipote Francesco Guttadauro sono stati tutti arrestati. Altro attacco duro volto a indebolire la forza economica del boss sono i sequestri di beni per diversi miliardi di euro.
Arresti e sequestri milionari - Dal 2011 ad oggi ai sodali di Messina Denaro sono stati sottratti in totale, beni per un valore di cinque miliardi di euro. Una buona fetta di questo enorme patrimonio è stata sequestrata al “re del vento” Vito Nicastri, 58 anni alcamese a cui il mese scorso la Corte di Appello di Palermo ha confermato il sequestro dei beni valutati in un miliardo e 300 milioni di euro. Quello dell’elettricista alcamese, trasformatosi in pochi anni nel re degli impianti eolici, è il sequestro più ingente di tutti i tempi in Italia. Dopo 5 anni di indagini condotte dalla Direzione investigativa antimafia, l’impero di Nicastri crolla, secondo l’accusa c’è Matteo Messina Denaro.
Con un altro sequestro, quello ai danni del "re dei supermercati" Giuseppe Grigoli, si arriva a 2 miliardi di euro. Ammonta, infatti, a circa 700 milioni di euro il patrimonio di Grigoli, condannato in appello a 12 anni di carcere. Per il prestanome di Messina Denaro, il provvedimento di confisca, emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani riguarda 12 società, 220 fabbricati (palazzine e ville) e 133 appezzamenti di terreno. Come possiamo constatare i settori d’investimento della “holding” Messina Denaro sono molto eterogenei; si va dalla grande distribuzione all'energia pulita ai rifiuti, anche se tra i primi comparti vi è quello dell’edilizia.
In questo settore ha subito uno dei primi grandi sequestri; quello del patrimonio di Rosario Cascio - “re indiscusso del cemento” - e del fratello Vito. Originari di Santa Margerita Belice, i Cascio da decenni hanno le basi .delle loro attività nel trapanese. Rosario, indicato come uno dei prestanome del boss di Castelvetrano. I beni totali sequestrati a Cascio ammontano a 550 milioni di euro. E infine, l’imprenditore Carmelo Patti, deceduto lo scorso anno, era considerato un prestanome coinvolto in diverse inchieste giudiziarie, era ritenuto dagli inquirenti un prestanome della famiglia mafiosa del Belice, tanto che al Tribunale di Trapani - Sezione misure patrimoniali è in corso il processo per la definizione di un sequestro di beni a suo carico per 5 miliardi di euro, il più alto mai fatto in Italia.
I viaggi – Totò Riina nel sue ultime intercettazioni in carcere parla di Messina Denaro, ha detto che secondo lui poteva trovarsi all’estero. Ecco, secondo fonti investigative il boss è stato diverse volte all’estero con documentazione falsa. Le indagini hanno verificato viaggi in Austria, Svizzera, Grecia, Spagna e Tunisia, dove sarebbe stato l’ultima volta nel 2010. Inoltre, come dicevano, altra tappa del boss sarebbe stato il Sud America e in particolare il Venezuela dove risiedono da tempo diversi mafiosi della provincia di Trapani.