TESI 4
(...). Quando la nascita verginale si incorporò alla tradizione nella nona decade dell'era cristiana, nel Vangelo di Matteo, la comprensione del processo di riproduzione era alquanto primitiva. Nessuno aveva sentito neppure parlare della possibilità che la donna (...) fosse, dal punto di vista genetico, co-creatrice al pari del maschio nella nascita e nello sviluppo di ogni nuova vita umana. (...). Poiché si pensava che la donna non contribuisse in nulla alla nuova vita, poteva diventare facilmente il ricettacolo del figlio di Dio (...). Questo tipo di racconto, che non è esclusivo del cristianesimo, è entrato nella tradizione circa 55 anni dopo la crocifissione di Gesù. È interessante notare che Paolo, che scrisse tra gli anni 51 e 64 (tra 21 e 34 anni dopo la crocifissione), non sembra aver sentito parlare della tradizione di una nascita verginale. (...). In tutto il corpus paolino non c'è nulla di inusuale intorno alla nascita di Gesù. (...). Quando Marco scrive il primo vangelo, intorno all'anno 72 (o 42 anni dopo la crocifissione), la tradizione non includeva ancora una storia su una nascita miracolosa. (...). Per sottolineare la normalità della nascita di Gesù, Marco afferma anche (Mc 3,21ss.), in relazione alla madre di Gesù e ai suoi fratelli, che essi credevano che Gesù fosse fuori di sé, cioè mentalmente squilibrato (...). Difficilmente sarebbe questo il comportamento di una donna a cui un angelo avesse annunciato che avrebbe portato nel suo seno il Messia. (...). Il racconto della nascita verginale non è storico, non è biologia, è mitologia, pensata per interpretare il potere di una vita. (...). Era la forma con cui i discepoli del I secolo proclamavano che in Gesù avevano incontrato la presenza di Dio. (...). Il mito della nascita verginale (...) non è da intendere letteralmente. Non ha a che vedere con la biologia. Noi cristiani dobbiamo smettere di fingere che sia qualcosa di più.
a cura di Franco D'Amico